Un’idea che, dietro l’apparenza di una
“ripubblicizzazione”, rischia in realtà di rendere impossibile qualsiasi
futura gestione pubblica in-house, l’unica forma che la legge riconosce
come realmente pubblica e controllata dai Comuni.
Se le quote venissero acquisite da Alia-Plures, la
società risulterebbe sì interamente pubblica nella composizione azionaria, ma non
nella natura: si tratta infatti di una holding finanziaria
strutturalmente incompatibile con la gestione in-house e tuttora orientata
alla quotazione in Borsa dopo il 2029, come dichiarato dallo stesso
management di Alia.
Si tratterebbe dunque di un passaggio solo formale,
funzionale non alla ripubblicizzazione, ma al rafforzamento della
Multiutility in vista della futura quotazione, operazione contraria rispetto
alle dichiarazioni del presidente Giani che si è recentemente dichiarato favorevole
alla fuoriuscita dell’acqua dalla società Plures per la realizzazione di
gestioni in house.
È invece chiaro che devono essere i Comuni,
come previsto dal mandato della società, a procedere alla liquidazione del
socio privato.
Solo una volta conclusa questa fase e verificati i
valori reali, i Comuni – riuniti nell’Autorità Idrica Toscana – potranno finanziare
direttamente l’operazione, utilizzando i fondi provenienti dagli utili
della gestione idrica, senza alcun impatto sulle bollette.
Non si tratta di un’operazione impossibile: Publiacqua
ha distribuito negli anni oltre 400 milioni di euro di dividendi, e
questo dimostra che la società e la futura gestione pubblica dell’acqua avranno
tutta la solidità economica necessaria per sostenere la liquidazione del
socio privato.
Prima però è indispensabile una valutazione
indipendente e trasparente, una vera due diligence che consenta di
accertare il valore effettivo delle quote.
Le cifre oggi circolate – con differenze di circa 50
milioni di euro tra una stima e l’altra – dimostrano che siamo di fronte a
valutazioni fatte “a braccio”, non a un’analisi seria e documentata.
E proporre ai cittadini un’operazione così confusa e
contraddittoria, spacciandola per un passo verso l’acqua pubblica, è un’offesa
per tutti coloro che da anni chiedono trasparenza e continuano a pagare le
bollette tra le più alte d’Italia.
La verità è che la proposta Funaro riprende alla
lettera i passaggi previsti dal piano industriale di Alia-Plures fin dal
momento della sua costituzione: prima acquisire la proprietà diretta delle
società che gestiscono acqua, rifiuti ed energia, e poi procedere alla quotazione
in Borsa.
È esattamente questo il percorso che si sta portando
avanti, e che non ha nulla a che vedere con la ripubblicizzazione dell’acqua,
ma piuttosto con la sua piena integrazione nella Multiutility.
Per questo, la proposta della sindaca Funaro non
può essere né accettata né appoggiata da chi ha realmente a cuore la
gestione pubblica del servizio idrico.
Non è un’operazione seria, né sul piano economico né
su quello politico: è un passaggio funzionale a consolidare il controllo della
Multiutility e impedire per sempre la gestione in-house dell’acqua,
l’unica che garantirebbe un controllo diretto, pubblico e trasparente da parte
dei Comuni e dei cittadini.
Rete toscana per la tutela dei beni comuni
INTERVISTA di Marco Cardone (Rete Toscana per la Tutela dei Beni Comuni e  Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua): La posizione della Rete Toscana per la Tutela dei Beni Comuni in merito alle dichiarazioni della sindaca di Firenze sulla ripubblicizzazione dell’acqua.
“Devono essere i Comuni, come previsto dal mandato della società, a procedere alla liquidazione del socio privato”. ASCOLA A QUESTO LINK: https://www.controradio.it/podcast/il-caso-publiacqua-e-la-proposta-funaro-cosi-si-impedisce-lacqua-davvero-pubblica/
 
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