VALORIZZARE DIFENDERE SALVAGUARDARE LA VAL DI SIEVE

L' Associazione Valdisieve persegue le finalità di tutelare l'ambiente, il paesaggio, la salute, i beni culturali, il corretto assetto urbanistico, la qualità della vita e la preservazione dei luoghi da ogni forma d'inquinamento, nell'ambito territoriale dei comuni della Valdisieve e limitrofi.

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  • LABORATORIO RIUSO E RIPARAZIONE A LONDA 

Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
sono il mercoledì e il sabato pomeriggio.

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venerdì 24 luglio 2020

Il consumo del suolo in Italia.

Una fotografia piuttosto preoccupante, perché non si avverte ancora quella necessaria inversione di tendenza in senso positivo nella gestione del territorio del Bel Paese.  
Che cosa aspettiamo?
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus


Consumo di suolo 2020: persi altri 57 km2 di territorio nazionale al ritmo, confermato, di 2 m2 al secondo.
IN ITALIA SI NASCE GIÀ CON LA PROPRIA PORZIONE DI CEMENTO: 135 MQ PER OGNI NEONATO.
La Valle D’Aosta è la prima regione italiana vicina all’obiettivo “Consumo di suolo 0”.
L’aumento del consumo di suolo non va di pari passo con la crescita demografica e in Italia cresce più il cemento che la popolazione: nel 2019 nascono 420 mila bambini e il suolo ormai sigillato avanza di altri 57 km2 (57 milioni di metri quadrati) al ritmo, confermato, di 2 metri quadrati al secondo. È come se ogni nuovo nato italiano portasse nella culla ben 135 mq di cemento.
Lo spreco di suolo continua ad avanzare nelle aree a rischio idrogeologico e sismico e tra, le città italiane, la Sicilia è la regione con la crescita percentuale più alta nelle aree a pericolosità idraulica media. Non mancano segnali positivi: la Valle d’Aosta, con solo 3 ettari di territorio impermeabilizzato nell’ultimo anno, è la prima regione italiana vicina all’obiettivo “Consumo di suolo 0” e si dimezza la quantità di suolo perso in un anno all’interno delle aree protette.
A confermarlo i dati del Rapporto ISPRA SNPA “Il consumo di suolo in Italia 2020” presentati il 22 luglio 2020 in diretta live dalla Residenza di Ripetta a Roma. Il lavoro, che analizza le trasformazioni del suolo negli anni, in questa edizione si arricchisce di contributi provenienti da 12 Osservatori delle Regioni e Province autonome, anche grazie al progetto Soil4Life.
Consumo di suolo e crescita demografica. Non c’è un legame quindi tra popolazione e nuovo cemento e si continua ad assistere alla crescita delle superfici artificiali anche in presenza di stabilizzazione, in molti casi addirittura di decrescita, della popolazione. Nel 2019 i 57 milioni di metri quadrati di nuovi cantieri e costruzioni si registrano in un Paese che vede un calo di oltre 120mila abitanti nello stesso periodo. Ognuno di questi ha oggi a “disposizione” 355 m2 di superfici costruite (erano 351 nel 2017 e 353 nel 2018).
Aree a rischio idrogeologico e sismico. La copertura artificiale avanza anche nelle zone più a rischio del Paese: nel 2019 risulta ormai sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media P2 (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata P3 (con tempo di ritorno tra 20 e 50 anni). La Liguria è la regione con il valore più alto di suolo impermeabilizzato in aree a pericolosità idraulica (quasi il 30%). Il cemento ricopre anche il 4% delle zone a rischio frana, il 7% di quelle a pericolosità sismica alta e oltre il 4% di quelle a pericolosità molto alta.
Regioni e Comuni: Il Veneto, con +785 ettari, è la regione che nel 2019 consuma più suolo (anche se meno del 2017 e del 2018), seguita da Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). A livello comunale, Roma, con un incremento di suolo artificiale di 108 ettari, si conferma il comune italiano con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno (arrivando a 500 ettari dal 2012 ad oggi), seguito da Uta (Cagliari; +58 ettari in un anno) e Catania (+48 ettari). Va meglio a Milano, Firenze e Napoli, con un consumo inferiore all’ettaro negli ultimi 12 mesi (+125 ettari negli ultimi 7 anni a Milano, +16 a Firenze e +24 a Napoli nello stesso periodo). Torino, dopo la decrescita del 2018, non riesce a confermare il trend positivo e nell’anno di riferimento, riprende a costruire, perdendo 5 ettari di suolo naturale.
Buone le notizie provenienti dalle aree protette: nel 2019 sono 61,5 gli ettari di suolo compromesso, valore dimezzato rispetto all’anno precedente, dei quali 14,7 concentrati nel Lazio e 10,3 in Abruzzo. Pur non arrestandosi nel complesso, il consumo di suolo all’interno di queste aree, risulta decisamente inferiore alla media nazionale. Al contrario, lungo le coste, già cementificate per quasi un quarto della loro superficie, il consumo di suolo cresce con un’intensità 2-3 volte maggiore rispetto a quello che avviene nel resto del territorio.
Perdita di produzione agricola e danni economici: in soli 7 anni, tra il 2012 e il 2019, la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva, stimata insieme al CREA, raggiunge i 3.700.000 quintali; nel dettaglio 2 milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710.000 quintali), dai frutteti (-266.000), dai vigneti (-200.000) e dagli oliveti (-90.000). Il danno economico stimato è di quasi 7 miliardi di euro, che salirebbe a 7 miliardi e 800 milioni se tutte le aree agricole fossero coltivate ad agricoltura biologica.
Non solo consumo di suolo: su quasi un terzo del Paese aumenta dal 2012 ad oggi anche il degrado del territorio dovuto anche ad altri cambiamenti di uso del suolo, alla perdita di produttività e di carbonio organico, all’erosione, alla frammentazione e al deterioramento degli habitat, con la conseguente perdita di servizi ecosistemici.
Il Rapporto e le cartografie delle Regioni, Province e Comuni sono disponibili online sul sito dell’Ispra www.isprambiente.gov.it
 Roma, 22 luglio 2020. Per informazioni: UFFICIO STAMPA ISPRA – Cristina Pacciani, Alessandra Lasco Tel. 3290054756 -3204306683 stampa@isprambiente.it

martedì 24 luglio 2018

Quanto suolo viene consumato in Italia.

Una fotografia sul consumo del suolo anno dopo anno sempre più drammatica.
Nei mesi scorsi è stata presentata una proposta di legge d’iniziativa popolare contro il consumo del suolo predisposta dal Forum Salviamo il Paesaggio,  poi quasi integralmente ripresa dalla proposta di legge “Disposizioni per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli edificati” presentata dall’on. Daga e altri (Atto Camera n. 63 del 23 marzo 2018).
E’ necessario, poi, saper leggere bene i dati relativi alle trasformazioni dei suoli.   In proposito, ecco un’analisi effettuata dalla Consulta Ambiente e Territorio Sardegna sullo studio effettuato da Legambiente su Il consumo delle aree costiere italiane – La Costa Sarda: l’aggressione del cemento e i cambiamenti del paesaggio (2016), le cui conclusioni sono un po’ troppo rassicuranti.
Purtroppo, non c’è alcun motivo per essere così ottimisti.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
alluvione nella pianura veneta
alluvione nella pianura veneta
dal sito web istituzionale dell’I.S.P.R.A., 18 luglio 2018
Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici – edizione 2018
Si è tenuta il 17 luglio a Roma a Palazzo Montecitorio la presentazione dell’edizione 2018 del Rapporto sul Consumo di Suolo in Italia realizzato dall’ISPRA e dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Il Rapporto restituisce una fotografia completa e aggiornata del territorio e fornisce una valutazione delle dinamiche di cambiamento della copertura del suolo e della crescita urbana, anche a livello locale, e delle conseguenze sull’ambiente, sul paesaggio, sulle risorse naturali e sul sistema economico. “E’ nostro dovere seguire le trasformazioni del territorio, risorsa non rinnovabile e vitale per il nostro benessere e per l’economia – ha dichiarato il Presidente ISPRA e SNPA Stefano Laporta – senza interventi normativi efficaci, il consumo di suolo non si fermerà”.
“Ripartiamo dalla norma precedente e andiamo avanti, con modifiche: bilancio ecologico, questione lottizzazioni, concetto di spreco di suolo, maggior attenzione alle zone protette ed inserimento di zone a rischio frane e terremoti” – è quanto ha affermato il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, nel suo intervento.
A conclusione della sessione mattutina, il Direttore Generale dell’ISPRA, Alessandro Bratti, ha dichiarato che “Siamo i produttori ufficiali del dato ambientale. A livello europeo, per il consumo di suolo, come per il tema della bonifica dei siti inquinati, non sono state assunte posizioni unitarie. Il nostro Paese sia più presente in sede di formazione di norme tecniche”.
E’ un consumo di suolo ad oltranza quello che in Italia continua ad aumentare anche nel 2017, nonostante la crisi economica. Tra nuove infrastrutture e cantieri (che da soli coprono più di tremila ettari), si invadono aree protette e a pericolosità idrogeologica sconfinando anche all’interno di aree vincolate per la tutela del paesaggio – coste, fiumi, laghi, vulcani e montagne – soprattutto lungo la fascia costiera e i corpi idrici, dove il cemento ricopre ormai più di 350 mila ettari, circa l’8% della loro estensione totale (dato superiore a quello nazionale di7,65%).
La superficie naturale si assottiglia di altri 52 km2 negli ultimi 365 giorni. In altre parole, costruiamo ogni due ore un’intera piazza Navona.

Genova, palazzo costruito sul Torrente Chiaravagna (Via Giotto)
Genova, palazzo costruito sul Torrente Chiaravagna (Via Giotto)

da Il Fatto Quotidiano17 luglio 2018
Consumo suolo, in un anno superficie ridotta di ulteriori 52 km quadrati. Il “costo” per l’ambiente supera i 2 miliardi.  È quanto emerge dal Rapporto Ispra-Snpa sul “Consumo di Suolo in Italia 2018″presentato alla Camera. Interessate anche le aree protette e a rischio frane, quasi un quarto (il 24,61%) del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017 è avvenuto all’interno di aree soggette a vincoli paesaggistici.

Badesi, cantiere edilizio in area dunale (maggio 2013)
Badesi, cantiere edilizio in area dunale (maggio 2013)
Consumo di suolo costiero, rischi di ambiguità e qualche precisazione
Quando si parla di tutela del paesaggio costiero non si può fare a meno di accostare a questo grande tema quello altrettanto importante del consumo di suolo e quindi di erosione dei paesaggi.
Accade in Sardegna a più riprese e anche ultimamente, in seno alla discussione sul controverso Ddl Urbanistica, i due temi sono ripresi in maniera congiunta anche se non con la dovuta attenzione, dal momento che anche il reportage ISPRA sul consumo di suolo in Italia, reso pubblico proprio in questi giorni, sottolinea come nelle regioni turistiche il fenomeno marci sulle coste a un ritmo quadruplo rispetto al resto del territorio nazionale.
La questione si presta a molteplici e fuorvianti interpretazioni; come sempre in questi casi il messaggio si gioca sulle cifre, ma quasi mai vengono resi noti i criteri.
Quando, ad esempio, qualcuno afferma che fra le Regioni turistiche la Sardegna è fra quelle meno afflitte dal consumo di suolo costiero, su quale modello di comparazione si basa la rassicurazione che si intende veicolare?
Gallura, cantiere edile sulla costa
Gallura, cantiere edile sulla costa
Qual è il sistema di misurazione adottato?
Esiste da qualche anno, sul sito di Legambiente e a disposizione di chiunque, uno studio scientifico sul consumo di suolo costiero in Sardegnanegli anni che vanno dal 1988 al 2013 che, pur essendo povero di interpretazioni sui dati ricavati, può comunque contribuire a chiarirci le idee.
Lo studio, intanto, anticipa correttamente in premessa il criterio di misurazione adottato; si parla infatti di sviluppo costiero lineare e non di superfici.
La questione non è di poco conto: sappiamo infatti che il Piano Paesaggistico Regionale pone sotto tutela l’intera fascia costiera, ambito paesaggistico di insieme caratterizzato da estensione variabile in base alle caratteristiche di naturalità e paesaggio, ben oltre i soliti 300 metri dalla battigia sui quali la discussione viene continuamente incanalata.
Se dunque, il conteggio del consumo di suolo venisse esteso alla superficie dell’intera fascia costiera-bene paesaggistico potremmo, ad esempio, valutare con il conforto dei numeri quel che è accaduto nelle migliaia di ettari di paesaggio agrario immediatamente prospicente la costa; suolo improvvisamente diventato appetibile, a causa della speculazione edilizia, in molti centri turistici come Arzachena, Orosei, Budoni, Siniscola, eccetera.
Si capirebbe bene quali e quante sono, ma soprattutto quanto danno ambientale e produttivo apportano, le interruzioni delle continuità ecologiche e la sottrazione di suolo produttivo.
Costa Paradiso, cantiere edilizio
Costa Paradiso, cantiere edilizio
Si avrebbero dunque, in questo senso, dati interessanti che servirebbero agli uffici Regionali – gli unici in grado di sviluppare uno studio completo sull’intera costa sarda, essendo la fascia costiera attentamente mappata in formato GIS con riguardo ai vari tematismi del PPR – per indirizzare correttamente i ragionamenti politici a supporto della nuova Legge Urbanistica in corso di approvazione.
Tuttavia il criterio di misurazione sullo sviluppo costiero lineare adottato da Legambiente risulta egualmente utile anche perché ci consente di impostare ragionamenti su piani alternativi e nient’affatto complicati.
Lo studio, innanzitutto, suddivide e classifica i 1487 chilometri di costa sulla base dei caratteri insediativi delle porzioni compromesse; sappiamo così che la costa urbanizzata ammonta a 399 chilometri, di cui ben 111 ad uso industriale-militare, 59 di paesaggio urbano ad alta densità (ivi compresi i grossi centri urbani) e i restanti 229 chilometri di paesaggio a bassa densità.
A vederli presentati in questo modo, sembrerebbero dati generali rassicuranti, ai quali si aggiunge il dato dell’incremento del consumo di suolo, pari all’1%, nel periodo considerato 1988-2013.
Fatta eccezione per gli insediamenti industriali e le grandi città, l’aggressione al paesaggio costiero di matrice speculativa (case da vendere) e/o turistico-imprenditoriale parrebbe, dunque, una questione numericamente e sostanzialmente del tutto trascurabile: solo 14 chilometri su 1487, dei quali la stragrande maggioranza sarebbe la naturale espansione dei centri urbani esistenti.
Sardegna sud-occidentale, Teulada, costa
Sardegna sud-occidentale, Teulada, costa
È la lettura della situazione sarda che può suggerire il documento Legambiente Sardegna: tranquillizzante perché la Sardegna, tutto sommato, risulterebbe adeguatamente protetta e in gran parte inviolata nei paesaggi costieri più belli.
Si noti che tale resoconto è infatti interpretato strumentalmente, anche in questi giorni, contro chi chiede più cautela nelle scelte del legislatore regionale.
Eppure basterebbe interpretare lo stesso studio di Legambiente, e in particolare la classificazione del profilo costiero sardo per caratteri morfologici, per rendersi conto che le cose non stanno proprio così.
Legambiente dispone di un Comitato scientifico, presieduto autorevolmente dall’ing, Vincenzo Tiana, che potrebbe agevolmente – in questa delicata fase del dibattuto –  precisare il senso degli studi svolti onde evitare che si possano innescare equivoci sullo stato del territorio costiero sardo.
Dei 1487 chilometri di coste, ad esempio, Legambiente ci dice che ben 669, quasi la metà, risultano essere rocciosi; ciò significa che, se guardiamo al profilo costiero in termini di appetibilità e fattibilità imprenditoriale dovremmo, per coerenza, estromettere dal calcolo sul consumo di suolo le coste rocciose. Ad esempio, chi mai si sognerebbe di costruire un residence a Capo Marrargiu dove – fortunatamente, diciamo noi – hanno accesso solo gli splendidi grifoni?
La conseguenza della variabile “appetibilità/accessibilità” fa balzare la percentuale del consumo di suolo al 48,8%; poco meno della metà delle coste sarde effettivamente suscettibili di trasformazione è stato quindi già consumato con un elevato grado di compromissione.
Alghero, Capo Caccia
Alghero, Capo Caccia
E se per le coste rocciose non servirebbero ulteriori strumenti di tutela, poiché giunte inviolate fino ai nostri giorni per scarsa convenienza da parte degli speculatori; la residua zona costiera inviolata, tutta appetibile in quanto spesso litorale sabbioso, merita di essere preservata con nettezza di posizioni e senza espedienti numerici e retorici finalizzati a irretire i sempre sospettosi ambientalisti non allineati alle posizioni del cigno verde.
A completamento delle nostre riflessioni circa la natura e i rischi del consumo di suolo reale, possiamo aggiungere ulteriori due questioni, utili a smontare la questione del confronto fra Regioni fatto da Tiana che fa emergere la Sardegna fra le più virtuose in quanto a tutela del paesaggio costiero.
La prima è, ancora, quella della matrice storica dell’antropizzazione costiera; è noto anche a un osservatore non particolarmente attento che, fatta eccezione per le città storiche – peraltro di piccole dimensioni, si pensi a Bosa – e poco altro, il consumo di suolo costiero in Sardegna non si può ricondurre, come invece è avvenuto storicamente per tutte le regioni che si affacciano sul Tirreno, al fattore abitativo, produttivo, economico.
Mentre dunque in Sardegna, nei tempi recenti, le coste sono state occupate, oltre che dai poli industriali, dagli insediamenti turistici, le regioni italiane – che infatti non a caso, registrano un maggior consumo di suolo –  storicamente sono caratterizzate da urbanizzazioni a carattere abitativo e produttivo stabile.
È corretto, pertanto, confrontare il consumo di suolo delle coste liguri con il nostro senza specificarne le matrici?
Perché omettere che le coste sarde sono abitate un paio di mesi all’anno?
E se dovessimo altresì analizzare il rapporto fra consumo di suolo e funzioni/densità dell’insediamento, anche in ragione della predetta natura, scopriremmo che la popolazione residente nell’isola utilizza ancora oggi in maniera marginale le coste sarde, e quasi mai in funzione della residenza stabile.
Ciò basterebbe per mantenere alta l’attenzione sul carattere essenzialmente speculativo del consumo di suolo sulle coste della nostra isola, indipendentemente dalle destinazioni d’uso a cui il tratto di costa si assoggetta.
Stintino, complesso turistico-edilizio Il Bagaglino
Stintino, complesso turistico-edilizio Il Bagaglino
In ragione di ciò è corretto pensare che tutte le attenzioni e le urgenze riversate dalla politica su questo Ddl Urbanistica poco abbiano a che vedere con le esigenze reali della popolazione locale, comprese le ragioni di uno sviluppo economico che riguardi la gran parte della cittadinanza sarda.
Un’ultima riflessione sarebbe da dedicare a quei 229 chilometri di suolo consumato con modalità che Legambiente definisce “a bassa densità”: trattasi con tutta evidenza di c.d. sprawl costiero (o crescita  disordinata di una superficie urbanizzata), fenomeno non meno distruttivo dei paesaggi di quello cosiddetto “ad alta densità” e molto pericoloso anche a causa del carattere strisciante con il quale tende a invadere suoli – prevalentemente agrari – che normalmente sarebbero da destinare ad esigenze produttive importanti, proprio per le popolazioni locali.
Lo stesso Protocollo sulla gestione integrate delle zone costiere della Convenzione di Barcellona prevede espressamente che:
“…the allocation of uses throughout the entire coastal zone should be balanced, and unnecessary concentration and urban sprawl should be avoided”. (“Occorre garantire una distribuzione bilanciata degli usi sull’intera zona costiera, evitando la concentrazione non necessaria e una sovraccrescita urbana”.)
Ce n’è abbastanza per tenere alta la guardia; a maggior ragione oggi, a fronte di chi invoca il diritto di libertà di costruire in agro, in nome di una non meglio identificata “vocazione naturale” dei sardi a risiedere in agro.
Consulta Ambiente e Territorio Sardegna

Rocce Rosse
Teulada, Hotel Rocce Rosse (residence + residenze stagionali)
(foto A.N.S.A., per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)

martedì 31 maggio 2016

Dopo la #Voragine: gli interessi sull’acqua di Firenze – DOSSIER perUnaltracittà

di  · 30 maggio 2016
Questo dossier – realizzato da perUnaltracittà come supplemento al #42 della Città invisibile e intitolato L’acqua sotto Firenze. Grande fragilità idrogeologica, grandi opere, grandi appetiti – è dedicato a Firenze e a chi non accetta che venga devastata in nome del profitto di pochi.

>>> Per stampare il pdf del dossier in formato A4 clicca qui
>>> Per leggere i singoli articoli vai in fondo a questo testo

#dossier-acqua-sottosuolo-la-citta-invisibile
Scarica e stampa il pdf

Abbiamo ancora negli occhi l’enorme voragine causata da una perdita dell’acquedotto che ha squarciato il Lungarno a due passi da Ponte Vecchio. Ancora una volta un disastro che poteva essere evitato. I fiorentini pagano la tariffa dell’acqua più alta d’Italia e vedono queste risorse sparire in profitti per i soci di Publiacqua spa. Il tutto in spregio al Referendum del 2011 che impedisce l’affidamento ai privati della gestione idrica del Paese. Tanti soldi – ora anche qualcuno tra i “dominanti” lo riconosce (ma dove era in questi anni?) – che invece andrebbero destinati alla manutenzione e all’ammodernamento della rete.
Nardella_fa_acquaLa partita non è limitata solo alle sorti dell’acquedotto. Altre devastazioni ci attendono se non saremo in grado di fermare gli scavi degli inutili e costosissimi tunnel per l’Alta velocità ferroviaria e per la tranvia sotto il centro, per l’enorme cassone sotterraneo da adibire a centro commerciale e alla stazione Av, per la nuova pista di Peretola, le nuove autostrade di cemento che ospitano torrenti come il Mugnone, i parcheggi interrati voluti dal sindaco Nardella. Tutte opere che impattano enormemente sull’equilibrio idrogeologico e che hanno un senso solo nella logica dello sfruttamento neoliberista della città, frutto da spremere e sacrificare sull’altare dello “sviluppo”, che ormai sappiamo essere l’arricchimento di pochi ai danni dell’interesse di tutti.
Molte delle cose che troverete scritte risalgono indietro negli anni, frutto di analisi e studio di persone esperte e prive di connivenze con il potere. Critiche e proposte censurate spesso dal pubblico dibattito per volere della politica e di un’economia che influenzano la stampa embedded [come abbiamo scritto qui http://goo.gl/v0FHlg].
Leggete e condividete questo dossier realizzato in tre parti. E insieme contribuiamo a sostenere i tanti soggetti attivi che si battono per la tutela del territorio e di chi lo abita e per un’inversione di tendenza nelle scelte urbanistiche e ambientali.


- See more at: http://www.perunaltracitta.org/2016/05/30/dopo-voragine-interessi-acqua-di-firenze-dossier-perunaltracitta/#sthash.4cKnuw4g.dpuf