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Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
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lunedì 17 febbraio 2020

Sentenza della Corte di giustizia Unione Europea (C-212-18) del 24 ottobre 2019 pronuncia sulla dimostrazione della sussistenza dell’End of Waste (cessazione dello stato di rifiuto).

La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1513, nonché dei principi di proporzionalità, di trasparenza e di semplificazione. Il caso prevedeva l’uso di oli combustibili esausti in sostituzione del gas metano.

In poche parole sembra che: il Giudice dell’Unione Europea dice che la normativa UE non è in contrapposizione a quella nazionale che non considerando l’olio esausto nell’elenco dei “combustibili autorizzati” non può essere autorizzato come fonte energetica alternativa.

E' una sentenza sulla falsariga di quella del consiglio di stato relativamente alla non corretta applicazione extra regolamentare di qualifica di EOW da parte di alcune regioni che aveva sollevato gli alti lai di alcune associazioni ambientaliste assieme agli imprenditori del settore che lamentavano la distruzione di parti importanti delle attività di  riciclo, ricordo che attualmente all'argomento è stata messa una pezza compromissoria tutta da verificare sul lato pratico.

Nello specifico la Corte sta dicendo che un bioliquido (ovvero un olio vegetale non esterificato fino a biodiesel) rimane un rifiuto se non vi è una norma nazionale (non essendoci allo stato un regolamento UE) che lo qualifica come EOW e quindi chi lo brucia deve essere soggetto alla normativa sui rifiuti e non a quella delle centrali termiche alimentate  da "combustibili autorizzati". 

L'olio vegetale (bioliquido) è considerato dalla normativa italiana come una fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica ma il suo uso non è "sollevato" dagli obblighi normativi sui rifiuti. 
Il concetto espresso nella sentenza (più che condivisibile) è che se lo si vuole trattare diversamente occorre una regolamentazione (almeno) nazionale così come quella relativa al biodiesel (che può essere prodotto anche da oli vegetali di rifiuto oltre che da oli vegetali vergini) che è riconosciuto a tutti gli effetti come un combustibile (per centrali come pure per le auto). 
Anche se si può notare il paradosso che nel biodiesel viene in qualche modo favorito l'uso di olii vegetali vergini (colza, girasole prodotti in sostituzione di produzioni alimentari o da olio di palma, per cui vengono abbattute foreste) rispetto a quello ottenibile dalla raccolta differenziata di rifiuti vegetali domestici e industriali (olii e grassi), va ricordato ancora una volta (anche alle associazioni ambientaliste unite agli imprenditori del settore ora acquietati) che non ci sono scorciatoie ad una corretta regolamentazione del destino dei rifiuti anche in caso del loro riciclo/recupero. E questa dovrebbe essere la posizione di tutti coloro hanno a cuore (tra l'altro) il riciclo/recupero dei rifiuti e l'estensione dell'economia circolare (vera, non quella farlocca che - per esempio - considera l'energia prodotta dall'incenerimento dei rifiuti come sua parte integrante).

FONTE: tratto da una sequanza mail del gruppo coordinamento-nazionale-legge-rifiuti-zero@googlegroups.com (nello specifico, le note sono di Claudio Torrenzieri e Marco Caldiroli - Medicina Democratica

PQM
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’articolo 6, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, e l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1513 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, in combinato disposto, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un’istanza di autorizzazione a sostituire il metano – quale fonte di alimentazione di un impianto di produzione di energia elettrica che genera emissioni in atmosfera – con una sostanza ottenuta dal trattamento chimico di oli vegetali esausti deve essere respinta per la ragione che tale sostanza non è iscritta nell’elenco delle categorie di combustibili ottenuti dalla biomassa autorizzati a tal fine e che detto elenco può essere modificato solo con decreto ministeriale la cui procedura di adozione non è coordinata con la procedura amministrativa di autorizzazione dell’utilizzo di tale sostanza come combustibile, se lo Stato membro ha potuto ritenere, senza incorrere in un errore manifesto di valutazione, che non sia stato dimostrato che l’utilizzo di tale olio vegetale, in simili circostanze, soddisfa le condizioni previste all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 e, in particolare, è privo di qualsiasi possibile effetto nocivo sull’ambiente e sulla salute umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale ipotesi ricorra nel procedimento principale.

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