di Andrea Giambartolomei | 25 settembre 2015
Minacciato e fallito, nel momento di difficoltà l’imprenditore Ferdinando Lazzaro sapeva cosa fare: chiamava i politici Pd e gli amministratori favorevoli alla Tav Torino-Lione e chiedeva loro aiuto. Si tratta del senatore Stefano Esposito, ora assessore ai Trasporti al Comune di Roma. Nonché autore del libro “Sì Tav” insieme a un altro politico dem citato nell’informativa, l’ex dirigente della Provincia di Torino Paolo Foietta, ora commissario del governo e capo dell’Osservatorio sulla Torino-Lione. Infine, il consigliere regionale Pd Antonio Ferrentino. Adesso non sarà così facile per l’imprenditore cercare il loro aiuto. Lazzaro, più volte obiettivo di presunti atti vandalici dei No Tav, ha difficoltà più grandi: la settimana scorsa è cominciato il processo “San Michele” in cui è accusato dalla Dda di sversamento illegale di rifiuti, mentre la procura di Torino indaga ancora sul fallimento della sua Italcoge e aspetta la fissazione dell’udienza preliminare di un altro procedimento, quello per turbativa d’asta.
I contatti con la politica sono documentati da un’informativa inviata dalRos dei carabinieri dell’ottobre 2012 nell’ambito dell’indagine “San Michele” sulla locale di ‘ndrangheta di San Mauro Marchesato(Kr)
 insediata nel capoluogo piemontese. Nell’informativa conclusiva 
dell’indagine si legge che Lazzaro, la cui società Italcoge era fallita 
nell’estate 2011, nella metà dell’aprile 2012 rischiava di perdere 
alcuni subappalti perché l’associazione temporanea di imprese Cmc non voleva affidarli a una società fallita. Per questo si dà da fare smuovendo il direttore generale di Ltf Marco Rettighieri, il presidente del Consorzio Valsusa Luigi Massa (ex senatore Ds)
 e il senatore Pd Stefano Esposito. I Ros scrivono che Lazzaro è 
riuscito a fare “intervenire in suo favore personalità politiche e 
quadri della committente Ltf”. Il politico Pd, apertamente Sì Tav, 
avrebbe contattato il presidente della Cmc di Ravenna in presenza di 
Lazzaro, che si lamentava della “posizione poco indulgente adottata da 
Cmc nei loro confronti” per l’ottenimento del movimento terra. La 
questione emerge in una telefonata intercettata tra Lazzaro e un altro 
importante imprenditore della Val di Susa, Claudio Martina,
 e quelle con Luigi Massa. Esposito ha replicato all’Ansa: “Non ho 
ricevuto nessun avviso di garanzia. Se sono indagato lo dicano 
altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che 
feci”, dichiara riferendosi a una denuncia da lui fatta nel 2013.
In
 un’altra informativa agli atti dell’inchiesta, scritta nell’ottobre 
2012, si legge: “Sono emerse altresì aderenze di Lazzaro con personaggi 
politici e della pubblica amministrazione, artatamente utilizzate per volturale alla neo costituita Italcostruzioni licenze
 e autorizzazioni giù nella disponibilità della fallita Italcoge”. Si 
tratta di una licenza per utilizzare una cava a Meana di Susa, una 
licenza rilasciata alla Italcoge, ma scaduta da due anni e mai 
rinnovata.
È il 3 settembre 2012 e nel cantiere sta per entrare una delegazione nazionale del Pd: presenti, tra gli altri, Stefano Fassina, l’ex presidente della Provincia Antonio Saitta e Luigi Massa, ex deputato Pds poi diventato presidente del Consorzio Valsusa, che raggruppa imprenditori locali vincitori di un appalto da 12 milioni di euro per
 lo smaltimento degli scarti. Lazzaro contatta il fratello Antonio, gli 
dice di aver appena parlato con Ferrentino: “Riesci a parlare con 
Ferrentino da solo. Le (sic) dici che abbiamo bisogno di mettere a posto
 due cose lì per la cava, per l’autorizzazione che non è mai arrivata”. 
Il 17 settembre 2012 dopo coinvolge anche il dirigente dell’area 
territorio e trasporti della Provincia di Torino Foietta. Secondo per il
 Ros avrebbe garantito “il suo interessamento per addivenire a una 
soluzione della vicenda”. Lazzaro gli chiede di intervenire: “Stavo 
facendo la pratica per il rinnovo. Poi nel frattempo la Italcoge che era
 titolare è andato giù e quindi loro a settembre dell’altro anno l’hanno
 archiviata e io nel frattempo poi cosa ho fatto? Avendo poi nel 
frattempo ripreso la società con un’altra partita Iva, quindi ho 
l’affitto del ramo d’azienda (vicenda oggetto dell’indagine per 
turbativa d’asta, ndr). Ripresentare tutto da capo sarebbe abbastanza 
macchinoso”. Foietta risponde: “Allora mi faccia una mail. Lei mi 
indichi anche il funzionario che aveva seguito la pratica (…). Quindi in
 modo da riuscire a risalire alla vicenda (…) E se però mi mette anche 
il nome specifico del funzionario con cui avete avuto rapporti mi è più 
utile, così vedo di evitare giri. Evito una ricerca”.
Dall’annotazione emerge anche la paura di Lazzaro per le notizie diffuse dai No Tav, dal leader Alberto Perino e dal Movimento 5 Stelle di Torino sui suoi contatti con personaggi dubbi come Bruno Iaria, condannato in via definitiva il 23 febbraio scorso capo della locale della ‘ndrangheta di Courgné,
 assunto nel 2007 nella Italcoge. Nelle telefonate intercettate 
l’imprenditore spiega di aver sempre denunciato i calabresi che gli 
chiedevano il pizzo, ma – sottolineano i carabinieri – nelle banche dati
 delle forze dell’ordine non c’è nessuna denuncia del genere. Anzi, con 
alcuni calabresi fa affari: è lui che fa ottenere a Giovanni Toro, 
imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “San 
Michele”, il subappalto per asfaltare il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.
Su queste relazioni la consigliera regionale Francesca Frediani e il senatore Marco Scibona del
 Movimento 5 Stelle chiederanno presto chiarimenti in Consiglio 
regionale e in Parlamento: “È inquietante la familiarità con cui tali 
personaggi si rivolgono ad esponenti di primo piano della politica 
piemontese – affermano -. Giova ricordare inoltre come Foietta e 
Ferrentino abbiano condiviso per molti anni e condividano tuttora con il
 neo assessore ai lavori pubblici di Roma Stefano Esposito un lungo 
percorso politico segnato dal sostegno al progetto Tav”.
 
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