A cura dell’Avv. Stefano Palmisano e del Prof. Luca Masera (gruppo di lavoro ISDE “Ambiente, Salute e Giustizia)
E’
attualmente in discussione al Senato un Disegno di Legge, approvato
dalla Camera nel Febbraio scorso, che rappresenta un passo importante
nella direzione di una più efficace tutela dell’ambiente. Finalmente,
dopo più di venti anni di inutili discussioni, vengono introdotte anche
nel nostro Paese delle norme penali serie ed effettive contro chi
provoca disastri o inquinamento ambientale.
Il Disegno di Legge
presenta, ad avviso di ISDE, dei limiti non trascurabili. Il più
importante, consiste nel fatto che la tutela della salute è nel testo
approvato dalla Camera del tutto assente, quando la dinamica
ambiente-salute è invece centrale nell’ottica di una piena tutela degli
interessi coinvolti; l’approvazione dei delitti contro l’ambiente
avrebbe potuto essere l’occasione perfetta per una presa di posizione
del Legislatore sulla qualificazione penale delle ipotesi in cui emerga
un incontestabile aumento dell’incidenza di una patologia in una certa
popolazione, legato ad una produzione industriale. Questa occasione è
stata persa, ed è difficile immaginare quando in futuro si avrà ancora
modo di discutere in Parlamento di queste tematiche.
Nonostante
questa ed altre perplessità di fondo, riteniamo che il Disegno di Legge
comunque costituisca un progresso nella direzione della tutela
dell’ambiente, e per questo appoggiamo con convinzione le campagne
miranti a sollecitarne una approvazione definitiva nel più breve tempo
possibile. Finalmente, con la Legge in discussione, si introduce il
delitto di inquinamento ambientale (ad oggi assente nel nostro
ordinamento) e si dà una veste normativa chiara ed indiscutibile al
delitto di disastro ambientale: è vero che già oggi, mediante il ricorso
alla norma che punisce la causazione di qualunque disastro (l’art. 434
C.P., il cd. disastro innominato), una parte della giurisprudenza (il
Tribunale e la Corte d’Appello di Torino nel processo Eternit e il
Tribunale del Riesame di Taranto per l’Ilva, limitandoci ai casi più
noti) già punisce i fatti di disastro ambientale, ma l’introduzione di
una norma ad hoc nel Codice Penale otterrebbe il fondamentale risultato
di sottrarre la punibilità del disastro ambientale alle incertezze delle
oscillazioni giurisprudenziali.
Se quindi valutiamo il testo nel suo
complesso in modo positivo, non mancano singoli aspetti che suscitano
perplessità, e che potranno essere modificati al Senato, senza
stravolgere l’impianto del testo stesso. Due sono in particolare le
modifiche che ci paiono più urgenti.
La prima, oggetto di emendamenti
già presentati in Commissione al Senato, riguarda le necessità di non
subordinare la punibilità delle condotte di inquinamento o disastro alla
violazione di specifiche norme amministrative: già la versione del
testo approvata dalla Camera prevede, per il reato di disastro, che il
fatto sia punibile quando, anche in mancanza di specifiche violazioni di
legge, sia stato comunque compiuto “abusivamente”, è di fondamentale
importanza che questa clausola aperta sia inserita anche nel delitto di
inquinamento.
La seconda questione (non oggetto di proposte
emendative in sede di Commissione) riguarda la disciplina della
prescrizione. Come noto, nel caso Eternit è stata proprio la scelta
della Cassazione di far decorrere il termine di prescrizione del reato
di disastro dal momento di cessazione dell’attività produttiva, e non
dalla cessazione degli effetti pericolosi per la salute di tale
attività, ad avere condotto alla dichiarazione di estinzione del reato.
La riforma non dice nulla su questo punto, e quindi il nuovo reato di
disastro ambientale si prescriverà, secondo le regole generali, in un
periodo inferiore a 20 anni da quando è cessata l’attività inquinante.
E’ chiaro a tutti che un tale termine, quando si tratta di produzioni
che inducono malattie con un lungo periodo di latenza (come quelle
oncologiche), conduce ad un risultato paradossale: quando si manifestano
le conseguenze dannose dell’esposizione, con lo sviluppo della
malattia, il reato è già prescritto. Per evitare allora che l’intera
riforma venga svuotata di significato dal perverso meccanismo della
prescrizione, è indispensabile individuare un rimedio: o fissare il
termine di inizio del decorso della stessa dal momento della cessazione
del pericolo, e non della cessazione dell’attività inquinante; oppure
raddoppiare gli ordinari termini di prescrizione, come già era stato
proposto nel testo approvato in Commissione alla Camera, poi modificato
dall’Aula.
Allo stato attuale i lavori in Commissione sono finiti ed è in discussione un nuovo testo.
Riteniamo
che sia di fondamentale importanza che queste due modifiche, che
possono essere agevolmente introdotte senza snaturare la struttura del
testo approvato dalla Camera, siano approvate nel corso della
discussione al Senato. Riteniamo però altrettanto importante che l’iter
parlamentare prosegua e giunga al più presto ad un risultato: le
opposizioni che provengono dalla lobby degli inquinatori sono
fortissime, che almeno tatticismi o incomprensioni tra coloro che hanno a
cuore gli interessi della salute e dell’ambiente non costituiscano un
ulteriore elemento di ostacolo sulla strada dell’approvazione.
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