[ 12 ottobre 2012 ]
Alessandro Farulli
Per qualcuno potrà essere un noioso refrain,
ma per noi (ndr. di Greenreport) che ne abbiamo fatto la nostra linea editoriale, gioca
ricordare che l'Unione Europea ha scritto nero su bianco che «per
sviluppare prodotti e processi più efficienti e sostenibili sono
necessari nuovi materiali avanzati. Tali materiali costituiscono parte
della soluzione ai nostri problemi industriali e sociali, poiché offrono
una maggiore efficienza d'uso, minori requisiti per l'uso di risorse ed
energia, nonché la sostenibilità al termine del ciclo di vita dei
prodotti (...). Essi costituiscono inoltre anche la base per realizzare
progressi in settori tecnologici trasversali (per esempio le bioscienze,
l'elettronica e la fotonica) e praticamente in tutti i settori di
mercato.
I materiali stessi
rappresentano un passo fondamentale per aumentare il valore dei prodotti
e le loro prestazioni. Il valore e l'impatto stimati dei materiali
avanzati sono significativi, con un tasso di crescita annuo di circa il
6% e una dimensione di mercato prevedibile dell'ordine di 100 miliardi
di euro entro il 2015». Non solo «I materiali sono progettati secondo un
approccio basato sul ciclo di vita completo, dalla fornitura di
materiali disponibili fino alla fine della vita ("dalla culla alla
culla"), con approcci innovativi per ridurre al minimo le risorse
necessarie per tale trasformazione» e per questo «è necessario
integrarvi anche l'uso continuo, il riciclaggio o l'utilizzazione
secondaria dei materiali arrivati a fine ciclo nonché la pertinente
innovazione sociale».
Tutto questo sta
scritto nel programma europeo "Horizon 2020" e lo ricordiamo perché
anche oggi sul Sole24Ore descrivendo la bozza del nuovo fondo per la
crescita sostenibile sotto al titolo "Incentivi ai progetti salva-industria" si sostiene che lo si è pensato proprio «per lo sviluppo delle aree tecnologiche individuate dal programma europeo "Horizon 2020"», ma poi del suddetto aspetto non se ne fa menzione, relegando il grande tema della "sostenibilità" alle sole rinnovabili.
E' un tic che francamente ha stancato - e se persino il vicepresidente della Commissione Ue Tajani ha rimarcato questo aspetto ci sarà un motivo
- anche perché, come si legge sempre sul Sole, «per essere ammessi ai
benefici, questo tipo di programmi deve essere collegato a realizzazione
di nuove unità produttive, ampliamento di quelle esistenti,
diversificazione della produzione, cambiamento fondamentale del processo
produttivo» e «In questo ambito, verrà concessa priorità ai programmi
realizzati nelle regioni Convergenza (Campania, Puglia, Calabria,
Sicilia), dalle Pmi o che prevedono l'impiego di energia da fonti
rinnovabili».
Che cosa vuol dire quindi?
Dal nostro punto di vista delle due una: o l'Italia ha recepito, per
così dire, il programma "Horizon 2020" come le pare a lei, e oltretutto
ci sarebbe da segnalare che da una parte tira mazzate sulle rinnovabili e
dall'altra poi in qualche modo le premia; oppure l'informazione è monca
di una parte essenziale per motivi che ignoriamo.
Solo
due giorni fa la Commissione ha ribadito che la manifattura e il
riciclo dei materiali sono uno dei cardini della reindustrializzazione
dell'Europa, l'Italia vuole o no partecipare a questo progetto? Se la
risposta è sì, quando parla di "crescita sostenibile" (sorvolando se sia
il miglior modo o meno di definire il nuovo modello di sviluppo) non
può dimenticarsi sistematicamente di una delle gambe della sostenibilità
stessa, che sono appunto i flussi di materia, oltre agli ormai
(fortunatamente) arcinoti flussi di energia.
Nessun commento:
Posta un commento