Alcune cose certe ci sono già, come per esempio le ultime sentenze ( come quella della Cassazione) in cui si RIBADISCE che che l'IVA è illegittima in quanto la TIA ha natura tributaria e non tarifarria ( come vorrebero farci credere solo perchè la chiamano tariffa e non tassa - come era la tarsu, per esempio- !!).
Nonostante ciò l'IVA continua ad essere messa nelle nostre bollette. Quanto meno potevano non aggiungerla in questi ultimi anni, visto che in mancanza di ulteriori leggi che mettano a posto questa ambiguità (e le modifiche ad hoc sono il pane quotidiano di politici, amministratori e tecnici), la Cassazione ha detto che non è legittima!
Alcuni comuni infatti l'hanno tolta, alcuni invece stanno aspettando che sia deciso dall'alto che si possa continuare a mantenerla e di renderla legale anche per le bollette precedenti. Alcune aziende di gestione ( come la nostra AER) oltre che a mantenerla nelle bollette attuali, ci avvertono che non possono restituirla perchè ormai già versata allo Stato (quindi semmai andrebbe richiesta a loro). Oddio, più che versata, forse in parte sarà andata a detrazione delle spese!!! Comunque sia la continuano a mettere nelle bollette (e in futuro peserà per l'11% e non più per il 10%!!).
In questo quadro si esprime anche il DIFENSORE CIVICO della Regione Toscana Lucia Franchini. Questo il comunicato (che trovate anche QUI):
"Tassa rifiuti:
Difensore civico, i problemi non riguardano solo l’Iva
Secondo Lucia
Franchini occorre fare chiarezza su numerose questioni per tutelare davvero i
cittadini. “Comportamenti disomogenei non sono giustificabili”
Firenze - I
problemi che riguardano la tassa sui rifiuti sono numerosi e complessi, e non
possono essere ridotti solo ai minimi termini di “Iva sì o Iva no”. Occorre fare
chiarezza sulle scelte a monte, per tutelare davvero i cittadini. Ad affermarlo
è il Difensore civico della Toscana, Lucia Franchini, la quale interviene di
nuovo sull’argomento a fronte delle tante richieste di intervento da parte dei
cittadini e di alcuni articoli di stampa usciti in questi giorni. “Ci sono tre
questioni da chiarire – spiega Franchini –: la competenza giurisdizionale sulle
controversie; l’applicazione dell’Iva; la forma e il contenuto necessario
dell’atto con cui si chiede il pagamento della tariffa”.
Per quanto
riguarda il primo punto, stando a recenti decisioni della Corte Costituzionale,
il contenzioso in materia di tasse sui rifiuti dovrebbe essere devoluto
esclusivamente alla competenza del giudice tributario. Invece in alcuni casi
continua a esser coinvolta la giustizia ordinaria. “La questione per i cittadini
che fanno ricorso è molto rilevante – afferma Franchini - perché ricorrere al
giudice ordinario o a quello tributario comporta notevoli differenze in termini
di costi e di tempi di attesa: per il ricorso in Commissione tributaria basta
una marca da bollo ordinaria e sono previsti 60 giorni tassativi; i ricorsi
presso il Giudice di Pace hanno tempi più lunghi a seconda del diritto da far
valere, anche 5 anni”.
Si arriva poi
alle questione dell’Iva: l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto alle
fatture relative alla Tia è l’aspetto che ha maggiormente catalizzato
l’attenzione dell’opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione. Spiega ancora
il Difensore civico regionale: “E’ noto il ragionamento della Corte
Costituzionale secondo cui se la Tia ha natura tributaria e rappresenta una
variante della Tarsu, allora ne consegue che ad essa risulta inapplicabile l’Iva
con l’abbattimento del 10% del costo da pagare. Da qui la richiesta avanzata da
parte di molti utenti, da un lato, di non pagare più l’Iva sulle fatture di
prossima emissione, dall’altro, di avere il rimborso su quanto, negli anni
addietro, indebitamente pagato”. Ma se da un punto di vista giuridico il
ragionamento della Suprema Corte risulta molto chiaro e lineare, altrettanto non
si può dire per la sua concreta applicazione al di fuori delle aule giudiziarie:
“Finché non ci saranno novità legislative o regolamentari – avverte Franchini -
i Gestori non potranno che continuare ad emettere fatture contenenti l’Iva e non
restituire niente di quanto hanno con quel titolo incassato. In altri termini,
soltanto impugnando davanti al giudice tributario le fatture che via via
arriveranno, gli utenti potranno ottenere di non pagare quanto non dovuto oppure
di riavere quanto già pagato”. Tuttavia secondo il Difensore civico regionale,
il vero nocciolo del problema sta nel “chiarire, in primo luogo, le nuove
modalità di definizione dei rapporti giuridici ed economici tra contribuenti,
ente impositore e società affidataria dello svolgimento del
servizio”.
Da un punto di
vista pratico, infatti, si è assistito ad una varietà di comportamenti tenuti dai
Comuni in quanto alcuni hanno deciso di eliminare la riscossione diretta
dell’Iva , mentre altri no. E questa situazione si è verificata anche in Toscana
pure tra Comuni che avevano il medesimo Gestore che ha tenuto comportamenti
diversi e distinti in base alla residenza dell’utenza. Inoltre il mancato assoggettamento della
tariffa all’Iva “non ha comportato per il contribuente un vantaggio economico,
nel momento in cui quei Comuni che hanno deciso di eliminarla hanno,
contestualmente, deciso un aumento della tariffa tale da coprire i costi. E nei
costi è ricompreso anche l’Iva che lo stesso Comune paga direttamente al Gestore
che fornisce il servizio di smaltimento”.
Arrivando al
contenuto dell’atto, prosegue il Difensore, “il punto centrale della vicenda è
scegliere se davvero si vorrà far pagare gli utenti in base al consumo effettivo
di rifiuti prodotto alla stessa stregua degli altri servizi pubblici essenziali
(acqua, luce e gas) oppure prendere atto dell’impossibilità materiale di ciò e
considerare il ciclo dei rifiuti nell’alveo del prelievo tributario. E’ questa
scelta da fare ‘a monte’ che definisce il rapporto tra Comune o Ente gestore e
il cittadino. Risulta evidente la differenza sostanziale tra le due impostazioni
che vede l’applicazione di regole e concetti giuridici diametralmente diversi
tra di loro: da un lato, la predisposizione di atti amministrativi aventi natura
tributaria redatti secondo le regole canoniche del diritto amministrativo e
tributario; dall’altra l’emanazione di un semplice documento commerciale redatto
da un soggetto privato con cui si chiede conto di quanto effettivamente
consumato”. Infatti “nel caso, come confermato dall’attuale giurisprudenza, di
tributo, gli atti con cui verranno richieste le prestazioni ai contribuenti non
potranno più essere quelli usati finora, ma bensì ad esempio l’identificazione
dell’immobile, la categoria tariffaria in funzione dell’attività svolta, il
numero degli occupanti.
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