Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su La Città invisibile, rivista del laboratorio politico perUnaltracittà – Firenze, a questo indirizzo [https://www.perunaltracitta.org/2020/12/07/gli-avvoltoi-del-recovery-fund/] con licenza BY-NC-SA 3.0.
Se la pandemia ha insegnato qualcosa, la sospensione dei vincoli finanziari imposti da Maastricht in avanti e i conseguenti fondi messi a disposizione dal Recovery Fund dovrebbero servire ad un radicale cambio di rotta, provando a costruire, con tutti gli attori sociali, un grande piano di conversione ecologica, sociale e culturale, che metta al centro l’abbandono del modello liberista e la costruzione di una società della cura, di sé, dell’altr*, del pianeta e delle future generazioni.
D’altronde, a meno che non sia brandito come un’ulteriore minaccia a diritti e reddito, lo slogan “Niente sarà più come prima” pareva suggerire un cambio di paradigma, basato sulla consapevolezza che la pandemia non è un fenomeno esogeno, arrivato come un nemico invisibile da un altro pianeta, bensì il portato delle profonde contraddizioni sistemiche di questo modello insostenibile.
-Servono soldi per la sanità, ma quanti e per quale concetto di salute e di sistema sanitario? Sempre ricordando che, poiché Babbo Natale non esiste, il pasto non è gratis e senza cancellazione del debito e trasformazione della Bce in una banca centrale pubblica, ci stiamo preparando a spendere oggi per essere di nuovo chiusi in gabbia a doppio mandato domani, la predisposizione del piano per accedere alle risorse del Recovery Fund dovrebbe essere l’occasione per una riflessione collettiva che attraversi l’intero Paese e ne sciolga i nodi principali.
– Servono risorse per la scuola, ma quanti e per quale idea di istruzione, formazione e ricerca?
– Servono soldi per le infrastrutture, ma per fare le grandi opere climalteranti e che devastano i territori o per il riassetto idrogeologico e la ristrutturazione delle reti idriche del Paese?
-Serve spesa pubblica, ma per le armi o per i diritti delle persone?
Che ciascuna di queste domande – e le molte altre che si potrebbero analogamente fare – rappresenti un bivio sul modello futuro di società, è un tema che non sembra sfiorare il governo e il Presidente del Consiglio.
D’altronde, se, come ci raccontano, la pandemia è un nemico esterno venuto a turbare il libero fluire di una società pacificata, non servono grandi discussioni: basta mettere in campo i campioni nazionali dell’economia e chiedere loro di presentare i progetti e gestire le conseguenti risorse.
Sembra incredibile, ma proprio di ciò si tratta: pur non ancora ufficializzato, il super-team che affiancherà il governo nella predisposizione del Recovery Plan, pare sarà costituito da sei amministratori delegati di società controllate dallo Stato: Claudio De Scalzi (ENI), Francesco Starace (ENEL), Marco Alverà (SNAM), Gianfranco Battisti (Ferrovie dello Stato), Alessandro Profumo (Leonardo-Finmeccanica) e Fabrizio Palermo (Cassa Depositi e Prestiti).
Tralasciando i non specchiatissimi curriculum giudiziari di alcuni di loro. non ci si può esimere dal notare almeno tre contraddizioni insuperabili:
1. a) sono tutti uomini, sono tutti potenti, sono tutti intrinsecamente legati all’idea che l’aggettivo “grande” è la misura che qualifica i progetti;
2. b) sono tutti a capo di aziende la cui cultura estrattivista nei confronti della natura e della società sprizza da tutti i pori;
3. c) sono tutti manager di aziende, che, per quanto controllate dallo Stato, sono miste pubblico-privato e collocate in Borsa; pertanto devono rispondere all’imperativo degli utili per i propri azionisti e non all’interesse generale della società.
Uomini, estrattivisti, guidati dal profitto: da qualsiasi punto di osservazione si guardi il mondo, scelta peggiore non potrebbe essere fatta.
A chi persevera nell’illusione che la pandemia sia solo una parentesi, occorre che le lotte consegnino un bagno di realtà: il futuro è troppo importante per lasciarlo agli indici di Borsa.
*Marco Bersani in Comune-info
FONTE: https://www.perunaltracitta.org/2020/12/07/gli-avvoltoi-del-recovery-fund/
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