Dalle carte in procura spunta l’ombra del clan dei Casalesi / QUADRIFOGLIO: "LA PROCURA CONTESTA ERRORI FORMALI"
di Gigi Paoli
Firenze, 30 gennaio 2015 - UNA BOMBA su Quadrifoglio, l’azienda fiorentina dei rifiuti. Tre indagati fra i massimi dirigenti;
perquisizioni e acquisizioni di atti in quattro città e in società
collegate a Quadrifoglio stessa (Firenze, Pistoia, Piacenza e Cremona);
massima allerta per i mancati controlli della radioattività,
previsti per legge, sui rifiuti metallici; assenza della tracciabilità
del percorso e delle tipologie dei rifiuti, medicinali scaduti compresi;
infine (ma è una pista tutta da valutare), accertamenti sulle recenti
gare d’appalto di Quadrifoglio che, secondo fonti investigative,
potrebbero aver fatto emergere anche inquietanti contatti indiretti con
la criminalità organizzata. La nuova inchiesta viene condotta nel massimo riserbo dalla procura di Firenze e dalle sezioni di polizia giudiziaria dell’Arpat e del Corpo forestale.
Tutto è nato da un banale controllo, nel corso del quale sarebbero emerse irregolarità e discrepanze amministrative fra Quadrifoglio e le ditte esterne che avevano vinto gli appalti per raccolta e smaltimento dei rifiuti. Prima cosa a saltare all’occhio è stata la mancanza delle cosidette «verifiche radiometriche», previste dal decreto legislativo 230 del 1995 e sanzionato penalmente: si tratta del controllo dei valori di radioattività sui rottami metallici poiché, in caso di esito positivo, il rifiuto diventa «speciale» e va trattato diversamente. In un registro recuperato dagli inquirenti durante una perquisizione, si faceva riferimento alla necessità di contattare un esperto per l’intervento: non solo quell’esperto non sarebbe mai stato chiamato, ma nel frattempo avrebbe anche cambiato mestiere.
PER QUESTO – e in senso più ampio, per la mancata tracciabilità dei rifiuti – sono indagati Livio Giannotti e Giorgio Moretti, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Quadrifoglio, e Franco Cristo, l’ingegnere responsabile dell’impianto di San Donnino. Gli inquirenti si sono poi chiesti: perché Quadrifoglio delega ad altri quel che, con oltre mille dipendenti, potrebbe fare da sé? Per rispondere a questa domanda gli investigatori hanno acquisito gli atti delle gare d’appalto con ditte esterne. E qui sarebbe emersa una singola, presunta, contiguità con la criminalità organizzata della Campania, fors’anche con il famigerato clan dei Casalesi che, col traffico di rifiuti, da anni ingrassa.
di Gigi Paoli
Tutto è nato da un banale controllo, nel corso del quale sarebbero emerse irregolarità e discrepanze amministrative fra Quadrifoglio e le ditte esterne che avevano vinto gli appalti per raccolta e smaltimento dei rifiuti. Prima cosa a saltare all’occhio è stata la mancanza delle cosidette «verifiche radiometriche», previste dal decreto legislativo 230 del 1995 e sanzionato penalmente: si tratta del controllo dei valori di radioattività sui rottami metallici poiché, in caso di esito positivo, il rifiuto diventa «speciale» e va trattato diversamente. In un registro recuperato dagli inquirenti durante una perquisizione, si faceva riferimento alla necessità di contattare un esperto per l’intervento: non solo quell’esperto non sarebbe mai stato chiamato, ma nel frattempo avrebbe anche cambiato mestiere.
PER QUESTO – e in senso più ampio, per la mancata tracciabilità dei rifiuti – sono indagati Livio Giannotti e Giorgio Moretti, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Quadrifoglio, e Franco Cristo, l’ingegnere responsabile dell’impianto di San Donnino. Gli inquirenti si sono poi chiesti: perché Quadrifoglio delega ad altri quel che, con oltre mille dipendenti, potrebbe fare da sé? Per rispondere a questa domanda gli investigatori hanno acquisito gli atti delle gare d’appalto con ditte esterne. E qui sarebbe emersa una singola, presunta, contiguità con la criminalità organizzata della Campania, fors’anche con il famigerato clan dei Casalesi che, col traffico di rifiuti, da anni ingrassa.
di Gigi Paoli
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