E'
attualmente in discussione al Senato un disegno di Legge, approvato
dalla Camera nel Febbraio scorso, che rappresenta un passo importante
nella direzione di una più efficace tutela dell'ambiente. Finalmente,
dopo più di venti anni di inutili discussioni, vengono introdotte anche
nel nostro Paese delle norme penali serie ed effettive contro chi
provoca disastri o inquinamento ambientale.
Ma il ddl presenta dei limiti non trascurabili.
Il più importante, consiste nel fatto che la tutela della salute nel
testo approvato dalla Camera è del tutto assente, quando la dinamica
ambiente-salute è invece centrale nell'ottica di una piena tutela degli
interessi coinvolti; l'approvazione dei delitti contro l'ambiente
avrebbe potuto essere l'occasione perfetta per una presa di posizione
del Legislatore sulla qualificazione penale delle ipotesi in cui emerga
un incontestabile aumento dell'incidenza di una patologia in una certa
popolazione, legato a una produzione industriale. Questa occasione è
stata persa, ed è difficile immaginare quando in futuro si avrà ancora
modo di discutere in Parlamento di queste tematiche.
Nonostante
questa e altre perplessità di fondo, riteniamo che il Ddl comunque
costituisca un progresso nella direzione della tutela dell'ambiente, e
per questo appoggiamo con convinzione le campagne miranti a sollecitarne
un'approvazione definitiva nel più breve tempo possibile. Finalmente,
con la Legge in discussione, si introduce il delitto di inquinamento
ambientale (ad oggi assente nel nostro ordinamento) e si dà una veste
normativa chiara e indiscutibile al delitto di disastro ambientale: è
vero che già oggi, mediante il ricorso alla norma che punisce la
causazione di qualunque disastro (l'art. 434 C.P., il cd. disastro
innominato), una parte della giurisprudenza (il Tribunale e la Corte
d'Appello di Torino nel processo Eternit e il Tribunale del Riesame di
Taranto per l'Ilva, limitandoci ai casi più noti) già punisce i fatti di
disastro ambientale, ma l'introduzione di una norma ad hoc nel Codice
Penale otterrebbe il fondamentale risultato di sottrarre la punibilità
del disastro ambientale alle incertezze delle oscillazioni
giurisprudenziali.
Se
quindi valutiamo il testo nel suo complesso in modo positivo, non
mancano singoli aspetti che suscitano perplessità, e che potranno essere
modificati al Senato, senza stravolgere l'impianto del testo stesso.
Due sono in particolare le modifiche che ci paiono più urgenti.
La prima, oggetto di emendamenti già presentati in Commissione al Senato, riguarda le necessità di non subordinare la punibilità delle condotte di inquinamento o disastro alla violazione di specifiche norme amministrative: già la versione del testo approvata dalla Camera prevede, per il reato di disastro, che il fatto sia punibile quando, anche in mancanza di specifiche violazioni di legge, sia stato comunque compiuto "abusivamente", è di fondamentale importanza che questa clausola aperta sia inserita anche nel delitto di inquinamento.
La prima, oggetto di emendamenti già presentati in Commissione al Senato, riguarda le necessità di non subordinare la punibilità delle condotte di inquinamento o disastro alla violazione di specifiche norme amministrative: già la versione del testo approvata dalla Camera prevede, per il reato di disastro, che il fatto sia punibile quando, anche in mancanza di specifiche violazioni di legge, sia stato comunque compiuto "abusivamente", è di fondamentale importanza che questa clausola aperta sia inserita anche nel delitto di inquinamento.
La
seconda questione (non oggetto di proposte emendative in sede di
Commissione) riguarda la disciplina della prescrizione. Come noto, nel
caso Eternit è stata proprio la scelta della Cassazione di far decorrere
il termine di prescrizione del reato di disastro dal momento di
cessazione dell'attività produttiva, e non dalla cessazione degli effetti pericolosi per la salute di tale attività, ad avere condotto alla dichiarazione di estinzione del reato.
cessazione dell'attività produttiva, e non dalla cessazione degli effetti pericolosi per la salute di tale attività, ad avere condotto alla dichiarazione di estinzione del reato.
La
riforma non dice nulla su questo punto, e quindi il nuovo reato di
disastro ambientale si prescriverà, secondo le regole generali, in un
periodo inferiore a 20 anni da quando è cessata l'attività inquinante.
E' chiaro a tutti che un tale termine, quando si tratta di produzioni
che inducono malattie con un lungo periodo di latenza (come quelle
oncologiche), conduce a un risultato paradossale: quando si manifestano
le conseguenze dannose dell'esposizione, con lo sviluppo della malattia,
il reato è già prescritto.
Per
evitare allora che l'intera riforma venga svuotata di significato dal
perverso meccanismo della prescrizione, è indispensabile individuare un
rimedio: o fissare il termine di inizio del decorso della stessa dal
momento della cessazione del pericolo, e non della cessazione
dell'attività inquinante; oppure raddoppiare gli ordinari termini di
prescrizione, come già era stato proposto nel testo approvato in
Commissione alla Camera, poi modificato dall'Aula. Allo stato attuale i
lavori in Commissione sono finiti ed è in discussione un nuovo testo.
Riteniamo
che sia di fondamentale importanza che queste due modifiche, che
possono essere agevolmente introdotte senza snaturare la struttura del
testo approvato dalla Camera, siano approvate nel corso della
discussione al Senato. Riteniamo però altrettanto importante che l'iter
parlamentare prosegua e giunga al più presto a un risultato: le
opposizioni che provengono dalla lobby degli inquinatori sono
fortissime, che almeno tatticismi o incomprensioni tra coloro che hanno a
cuore gli interessi della salute e dell'ambiente non costituiscano un
ulteriore elemento di ostacolo sulla strada dell'approvazione.
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