Il miglior antidoto all’ecomafia, e in genere alla criminalità ambientale, è la buona politica. Ciò vale per tutti i settori, vale anche per il ciclo dei rifiuti. Un tema, questo, che appassiona solo quando si fa emergenza, quando ci sono già le barricate, e solo allora si mette in scena il solito copione: da una parte i cittadini che non vogliono la discarica o l’impianto di turno, dall’altro gli amministratori, gli imprenditori o comunque coloro che vogliono fare ingoiare il rospo. I buoni da una parte, i cittadini, i cattivi dall’altra, gli inquinatori.
Ma questo è solo l’epilogo di una lunga storia, e quando si è arrivati a quel punto, sulle barricate, vuol dire che i primi hanno già perso, anche se se ne sono accorti solo adesso. Mi spiego. Tanto per cominciare, la peggiore politica è quella di non scegliere, di lasciare andare le cose, non affrontare i problemi. Questo porta dritti al solito modello oligopolista che lascia intatti i rapporti di potere, le rendite di posizione, scaricando l’inefficienza sulla comunità e l’ambiente. In questo vecchio sistema impostato sulle discariche le rendite parassitarie sono tante e nessuna esce allo scoperto. Nulla accade per caso e nella distrazione collettiva si costruiscono le premesse per consolidare le battaglie di retroguardia. Martedì 18 novembre, ad esempio, s’è consumata una di queste battaglie, nell’indifferenza collettiva.
Il campo era offerto da un convegno organizzato da Legambiente dal titolo “Ridurre e riciclare prima di tutto” tenuto a Roma, proprio di fronte Montecitorio, la sede del Parlamento. Il tema è caldo, ma un convegno sui rifiuti ha lo stesso appeal di una coda in autostrada e nessun giornalista, o quasi, si fa vivo (solo una manciata di agenzie). Ci sono i principali protagonisti delle future politiche di gestione dei rifiuti, sono loro che spiegheranno da che parte andrà l’Italia, ma è un discorso tra intimi, tra iniziati. Assenti pure il plotone dei cronisti di razza, infallibili sulle visure camerali dei monnezzari, smascheratori impietosi dell’avidità umana, dell’empietà del dio-denaro, gli idoli dei comitati e degli avvelenati. Ma non c’è sangue qui, solo chiacchiere, pensano. Si sbagliano. L’idea alla base dell’incontro è invece forte: stanare gli stakeholders e fargli dire pubblicamente da che parte stanno nelle future politiche sui rifiuti urbani.
Chi sono? l’Anci (Associazione dei comuni italiani), il Conai (Consorzio nazionale imballaggi), Federambiente (l’associazione di imprese e consorzi nel settore dei rifiuti urbani), la Confindustria, il Ministero dell’Ambiente e alcuni imprenditori del settore, come la Revet. Legambiente rovescia sul tavoli i dati sullo stato dell’arte e fa alcune proposte, a partire da serie politiche di riduzione. I dati Ispra dicono che l’Italia continua a smaltire troppi rifiuti in discarica: nel 2012 è finito sotto terra il 39% dei rifiuti urbani, cioè 11,7 milioni di tonnellate, 196 kg per abitante in un anno. 186 sono le discariche attive, nonostante la normativa europea preveda che questa diventi un’opzione residuale. Male. Una gestione che rischia di costare moltissimo al paese se non si interverrà in tempi rapidi. La Commissione europea ha infatti avviato diverse procedure d’infrazione sulle discariche e se l’Italia non intraprenderà le bonifica spenderà in multe più di quanto spenderebbe per concludere le operazioni di risanamento ambientale delle aree in cui insistono gli impianti. A livello regionale di raccolta differenziata, la Campania con il suo 41,5% fa meglio di Toscana, Lazio e di tutto il resto del sud. La proposte clou di Legambiente è un nuovo sistema di incentivi e disincentivi per fare in modo che prevenzione e riciclo risultino più convenienti, anche economicamente, rispetto al recupero energetico e allo smaltimento in discarica.
Come? Tartassando lo smaltimento in discarica, eliminando gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti, incentivando il riciclaggio perché diventi più conveniente del recupero energetico, promuovendo serie politiche di prevenzione con il principio “chi inquina paga”. Per di più l’Associazione chiede che si ponga rimedio alla scelta del ministero dell’Ambiente di prorogare i termini entro cui i Comuni sono obbligati a raggiungere gli obiettivi di differenziata. Questo avrebbe come conseguenza una sorta di condono per le multe sullo smaltimento in discarica, premiando così i peggiori. I mandanti politici di questa specie di condono? È chiaro che stanno in quella sala, a cominciare dall’Anci. Sin dall’inizio, quindi, la proposta di Legambiente viene isolata, anche se sarebbe l’unico modo, a conti fatti, per evitare nuove discariche, nuovi inceneritori, nuovi conflitti sociali, nuovi guai con l’Ue. Ma né il mondo dei Comuni (Anci), né quello delle imprese (Federambiente, Confindustria e Conai) sono disposti a cedere il passo. È la battaglia di retroguardia. I giocatori escono subito allo scoperto.
L’Anci, per bocca del suo responsabile rifiuti Filippo Bernocchi conferma la giustezza di questa sorta di condono per i comuni non virtuosi, e che è parimenti giusto guardare all’incenerimento (lo chiamano recupero energetico), spesso più conveniente economicamente per le casse dei Comuni; alla prima obiezione del Presidente di Legambiente, se ne va sbattendo la porta. Daniele Fortini di Federambiente (in linea con Confindustria) è d’accordo con Bernocchi sul condono e sull’opzione incenerimento, visto che su questa stanno puntano paesi come il Regno Unito e tutti i paesi dell’Est Europa, che fanno concorrenza spietata; considerando pure del tutto legittimo l’incentivo Cip6 agli inceneritori, posto che i gestori sosterrebbero altissimi costi per gli elevati standard ambientali esistenti in Italia (e non altrove); di contro, ammette che le entrate dell’ecotassa regionale sullo smaltimento in discarica fino a oggi sono servite solo per appianare i debiti, sanità e trasporti su tutti, quindi a che serve aumentarla (sic)?.
Pure il direttore del Conai spiega in maniera diplomatica che loro fanno il possibile, che il sistema tariffario premiale ipotizzato serve a poco e che tra le opzioni della loro mission c’è anche l’incenerimento.
L’unico a sostenere le proposte di Legambiente è Valerio Caramassi di Revet, azienda toscana di riciclo, che ha rilanciato sugli incentivi fiscali ed economici per le attività di riciclo e sui cosiddetti acquisti verdi da parte della pubblica amministrazione (Green public procurement). Eccolo dunque il vero conflitto, quello tra gli interessi collettivi e quelli di parte, che provano solo a salvare se stessi, facendo resistenza passiva, inchiodando l’Italia alle solite pessime performance.
Un conflitto segnato sin dall’inizio, a danno dei primi, e che anche questa volta s’è giocato senza spettatori e senza testimoni, che si rifaranno vivi solo alla prossima barricata. Scommettiamo?
Antonio Pergolizzi Coordinatore Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente
FONTE: Dal Blog Ecomafie - Tuttogreen La Stampa
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