di Natalia Andreani
ROMA
Pochi soldi, tanti guai. Ma la volontà di fare non manca al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando.
Allora ministro. Questi cento giorni di governo sul filo del rasoio non devono essere stati facili.
«No ma le posso dare subito una notizia che riguarda il Sistri.
A breve presenteremo in Consiglio dei ministri una modifica al sistema di tracciabilità dei rifiuti pericolosi che ridurrà fortemente il complesso carico di incombenze per aziende e imprese. Senza intaccare la base informatica a tutela del ciclo. Sarà una rivoluzione».
Tre impegni per i prossimi cento giorni?
«Fortissima accelerazione delle bonifiche industriale su cui si traccheggia da anni con conferenze dei servizi che non approdano a nulla. Approvazione del ddl sul consumo del suolo appena varato. Rafforzamento delle norme sul riuso e il riciclo dei rifiuti. E, se posso aggiungere, sto valutando una moratoria sulla costruzione di nuovi termovalorizzatori oltre a quelli già previsti. Quelli già esistenti sono ampiamente sottoutilizzati».
In Campania, intanto, nella “terra dei fuochi” continuano i sequestri di terreni avvelenati da discariche abusive.
«Anche là abbiamo fatto molto. Abbiamo fatto un protocollo per la raccolta dei copertoni utilizzati come letto per i roghi. Abbiamo introdotto un emendamento che vieta alla Regione di importare rifiuti industriali. Con la Sanità abbiamo esteso i protocolli tumori alla provincia di Napoli e con l’Agricoltura abbiamo avviato un censimento dei terreni agricoli “puliti”, esenti da forme di inquinamento. Poi abbiamo fatto un bando per dare contributi ai commissari dei comuni sciolti per mafia, fondi destinati alla realizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti. In più abbiamo attivato una presenza molto forte dei carabinieri del Noe sul territorio che sarà controllato anche dal cielo».
In che senso?
«Che nella guerra alle discariche della camorra impiegheremo anche droni e satelliti. Stiamo lavorando a un’integrazione».
Passiamo al capitolo Costa Concordia. A settembre la nave potrà veramente lasciare l’Isola del Giglio?
«Ad oggi mancano alcuni elementi da chiarire. Ci sono alcune incognite in attesa di risposte tecniche».
Può indicarcene alcune?
«Ad esempio in relazione al piano di trattamento delle acque interne alla nave e al collaudo della piattaforma sul quale lo scafo dovrà poggiare una volta raddrizzato. Poi manca un piano di rimozione dei sedimenti da terra e manca un cronoprogramma degli ultimi dieci giorni del piano di raddrizzamento. Siamo in attesa di una relazione zoom».
Un piano per trainare via lo scafo una volta rigalleggiato, invece, l’armatore lo ha consegnato?
«No, per il momento no».
Restano le polemiche sul porto di destinazione. A Piombino sono in corso lavori di dragaggio i cui tempi potrebbero non coincidere con la tabella di marcia del cantiere.
«Non appena sarà pronto per essere portato via il relitto della nave lascerà il Giglio per raggiungere il più vicino porto disponibile. La vicinanza è stata il solo criterio che ha reso Piombino la meta possibile, ma non vincolante».
Passiamo al capitolo prospezioni petrolifere, una minaccia non indifferente per le coste italiane. I comitati antitrivelle si moltiplicano. l ministero che fa?
«Il ministero non può prescindere dalle leggi in vigore. Personalmente sono convinto che il nostro petrolio sia il mare, ma che la ricerca possa andare avanti seppure a precise condizioni». Abbiamo ottomila chilometri di coste e le isole più belle del Mediterraneo. Davvero possiamo mettere a rischio Pantelleria per una risorsa non rinnovabile dai costi ambientali altissimi? «Lungi da noi il pensare che l’eventuale ritrovamento di un giacimento possa risolvere i problemi energetici del Paese, questo sia chiaro. Ma penso che il punto corretto di equilibrio sia quello di sia imporre vincoli alla ricerca, ad esempio sulla distanza dalle coste che va vista al ribasso. La materia va inoltre discussa in Europa. Credo che la Ue sia la sede più giusta per sviluppare un modello di governance».
Un’ ultima domanda su Venezia, patrimonio dell’umanità. E' mai possibile che ancora oggi le grandi navi continuino a entrare in Laguna?
«A ottobre vareremo una normativa che in attesa della soluzione definitiva - come indicato dal decreto rotte - ridurrà progressivamente il numero dei passaggi. Nel frattempo abbiamo chiesto all’Autorità portuale di prendere misure per ridurre il rischio».
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