Continuare a tenere in vita l’ETS – Emission Trading Scheme – vorrebbe dire non riuscire ad affrontare in maniera reale ed efficace la necessaria e non più rinviabile riduzione delle emissioni dei gas serra, principale causa dei cambiamenti climatici che stanno affliggendo ormai da anni il nostro pianeta.
Uno dei miti sfatati dal rapporto – che si intitola per l’appunto “EU ETS Myths Busting: Why It Can’t Be Reformed And Shouldn’t Be Replicated” – è proprio quello sul taglio delle emissioni. Il dato positivo al riguardo registrato fra il 2008 e il 2010 è da imputare quasi esclusivamente agli effetti della crisi economica.
L’ETS non è in grado di innescare una vera trasformazione, modificando il modo in cui l’energia viene prodotta o usata dal comparto industriale. Insomma, per intraprendere un “percorso di sostenibilità” le strade da intraprendere sono ben altre. “Affidando tutto al mercato, non si riuscirà mai a centrare l’obiettivo, peraltro non sufficiente, di mantenere il surriscaldamento globale nell’ambito dei due gradi” ha dichiarato Hannah Mowat dell’organizzazione olandese FERN.
Un altro elemento chiave trattato nel rapporto è quello che vorrebbe l’ETS come uno strumento molto flessibile ed efficace in termini di costi. “La domanda è a chi offre dei vantaggi in termini di costi” si è chiesta Belen Balanyà del Corporate Europe Observatory. “Le uniche a trarre benefici sono le grandi imprese, che usufruiscono dei permessi per continuare a inquinare e fanno pagare il conto ai consumatori”.
Come se non bastasse, l’ETS non si è rivelata in grado di incentivare la promozione di investimenti nelle fonti energetiche “pulite”. “L’assegnazione di un numero di permessi per inquinare troppo elevato ha tolto qualsiasi incentivo al cambiamento per la grande industria, giocando da incentivo per il business as usual e non per investimenti in energie pulite e in una reale trasformazione del settore produttivo” ha dichiarato Elena Gerebizza di Re:Common.
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