Il Tirreno
Pagina 17 - Viareggio di: Donatella Francesconi |
VIAREGGIO Un’attività di smaltimento di rifiuti, anche ospedalieri, dalla Toscana fino in provincia di Caserta: ad averla messa in piedi era Stefano Di Ronza, l’imprenditore edile residente a Massa ma molto conosciuto a Viareggio, secondo quanto racconta agli inquirenti un suo dipendente. Lo stesso che Di Ronza - secondo l’accusa - aveva assunto affinché potesse uscire dal carcere, su espressa richiesta dei casalesi. Non solo edilizia ed estorsioni, dunque, tra le attività dell’imprenditore edile nella lunga ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, Tullio Morello. Ma anche lo smaltimento dei rifiuti sanitari, provenienti anche dagli ospedali toscani. Un’attività messa in piedi da Di Ronza - secondo le dichiarazioni del pentito che con l’imprenditore, scrive il Gip, «aveva assidua frequenza intrattenendosi spesso anche a pranzo con lui» - con un amico toscano e con Gaetano Cerci, boss dei casalesi arrestato nel 2011. Il cui nome compare anche negli elenchi della P2. L’ex dipendente che accusa Di Ronza riferisce che questa circostanza gli viene raccontata direttamente dall’imprenditore edile. Il quale, per questo tipo di attività - si legge ancora nell’ordinanza del Gip - «aveva rapporti con il clan Bidognetti e si interessava dello smaltimento dei rifiuti per conto dei casalesi nella zona di Viareggio». Un’affermazione che è una conferma: il sistema rifiuti nella nostra zona è interessante per i clan camorristici. E viene da chiedersi se, letta l’ordinanza del Tribunale di Napoli, ci sia chi - tra le forze dell’ordine locale - intenda approfondire questo aspetto. Anche perché basta un “clic” su Internet per scovare le gesta del clan Bidognetti proprio sul fronte dei rifiuti. Nel dicembre dello scorso anni la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha accusato Franceso Bidognetti (detto Cicciotto o’mezzanotte) - già detenuto in regime di 41 bis - di disastro ambientale e avvelenamento delle falde acquifere aggravate dal metodo mafioso. Secondo le accuse, attraverso una società che gestiva, Bidognetti avrebbe smaltito tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dal Nord Italia ma anche dal Lazio a costi inferiori rispetto a quelli di mercato, emettendo fatture gonfiate per evadere il fisco e riversando la miscela “esplosiva” nelle campagne della Campania, avvelenando le colture e rendendo cancerogeni i prodotti della terra.
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