E’ più di 15 anni che in Italia il movimento Non bruciamoci il Futuro sta macinando iniziative a tutti i livelli. Dal 2001 questo movimento prima NOINC si è trasformato in Movimento Rifiuti Zero dando vita, a partire dal 2004, alla “Rete Nazionale Rifiuti Zero”. Erano quelli gli anni del lancio virulento della “termovalorizzazione”
che nelle intenzioni dei Governi nazionali avrebbe dovuto arrivare a
trattare circa il 30% del totale dei rifiuti italiani. Si erano previsti
almeno 50 nuovi impianti e molti di più erano in realtà “pianificati”
dalle province e dalle regioni. Ad oggi possiamo dire che non solo la “trappola” della “termovalorizzazione” non è passata ma che ormai è stata in larga parte sconfitta.
Lo possiamo dire, ovviamente senza che questo debba
significare sottovalutazione di ciò che resta di quell’imbroglio, in
base a dati eclatanti: i 4 inceneritori di Cuffaro sconfitti in Sicilia,
i 2 inceneritori esistenti della provincia di Lucca con il caso
clamoroso dell’inceneritore di Pietrasanta di Veolia “beccato” mentre
“taroccava” i dati (all’epoca la gestione era ancora di TEV) chiusi
definitivamente, l’inceneritore di Messina “sprangato” perché privo di
recupero energetico, l’inceneritore di Scarlino chiuso dal TAR e
recentemente l’impianto Marcegaglia di Modugno sconfitto
definitivamente, l’inceneritore chiuso di Reggio Emilia perché “inutile”
alla luce dei risultati delle RD, la chiusura (anche se formalmente
provvisoria) del Gassificatore di Malagrotta ma soprattutto il risultato
delle elezioni di PARMA che sbarra la strada all’inceneritore ENIA
dimostrano che gli inceneritori in Italia non sono riusciti a passare. Ormai gli impianti di incenerimento (riferiti agli RSU) si sono ridotti al di sotto del numero dei 50 e il loro numero è destinato a diminuire perché molti di essi dovrebbero essere sottoposti a revamping costosissimi (Vercelli, Pisa).
Naturalmente abbiamo subìto anche delle sconfitte la
più cocente delle quali ad ACERRA dove il megampianto è riuscito a
partire. Nel contempo alcuni raddoppi sono stati realizzati a Forlì,
Ferrara, Modena ma anche in queste situazioni la situazione può essere
ancora rovesciata dai movimenti locali. Infatti alcuni fattori hanno
giocato a sfavore di questi impianti di “industria sporca“: non solo la loro percepita impopolarità
ma anche il venir meno degli incentivi dei CIP6 e dei “certificati
verdi” che hanno posto in difficoltà l’industria “assistita” del settore
che trovandosi priva di fatto dei sussidi (anche se questi impianti
“godono” ancora di incentivi per bruciare la parte biodegradabile dei
RSU-incentivi comunque meno consistenti dei precedenti) arranca pur
mantenendo alti livelli di scontro.
Anche l’effetto collaterale della crisi che riduce via via i consumi e quindi i rifiuti
sta avendo risultati devastanti per chi per realizzare nuovi impianti
prevedeva aumenti esponenziali degli scarti. Altro fattore macroscopico
che ha sbarrato la strada all’incenerimento è stato il diffondersi
delle buone pratiche di riduzione e di rd che ha assunto un ruolo ancor
più detonante con il moltiplicarsi dei comuni “Rifiuti Zero” a partire dalla “visibilità” assunta dal comune capofila di questo percorso: CAPANNORI.
La stessa crisi di Napoli non certo ancora risolta ma a cui ha
corrisposto una energica “rivolta civile” ed amministrativa ha
contribuito ad aprire nuovi spazi impensabili agli inizi degli anni
2000.
Certo, rimangono conflitti locali molto forti
dall’esito ancora incerto come a FIRENZE, a TORINO, a MASSAFRA (TA) ad
ALBANO (RM) ed in altre parti d’Italia (Trento, Genova ecc.) ma qui,
come si suol dire ce la giochiamo anche alla luce dei nuovi
“venti” che spirano dall’Europa. Infatti è questo un nuovo fattore che
può fare la differenza per chiudere la partita con la
“termovalorizzazione” e con il “partito trasversale” che ha fatto “carte
false” per sostenerla. L’Europa, a ritmo incalzante e soprattutto per effetto della crisi sta premendo (vedi risoluzione dell’Europarlamento del 20 aprile e ancor più recenti documenti) per vietare entro il 2020 la combustione (e la messa in discarica) di tutto ciò che negli scarti é riciclabile e compostabile (questo di fatto è una sorta di messa al bando seppur graduale dell’incenerimento).
La svolta è maturata per motivi economici visto
l’impennata dei prezzi di metalli, dei polimeri e dei materiali
cartacei di cui pur in un quadro di prevedibili fluttuazioni appare
destinata ad attestarsi sul medio e lungo periodo. L’Europa sta
capendo che gli scarti costituiscono una sorta di “miniera urbana” a cui
viene riconosciuta la potenzialità attraverso lo sviluppo di
un’industria del riciclo, di volano per l’uscita dalla crisi e ragione di milioni di posti di lavoro.
Non è un caso che lo stesso governo danese cominci a parlare un
linguaggio autocritico per aver forse esagerato arrivando ad incenerire
circa il 65% dei propri rifiuti.
A questa svolta che potrebbe essere decisiva hanno però lavorato anche le battaglie nazionali ed internazionali del movimento Zero Waste che ha trovato in Italia terreno fertile portando al momento (ma questi dati sono destinati a crescere) oltre due
milioni di cittadini italiani ad essere operativamente coinvolti in
questo percorso attraverso l’adesione formale di circa 80 comuni
a questa strategia che come detto si è andata ad innestare ad una
diffusa rete di buone pratiche (provincia di Treviso, Novara poi
Salerno) radicate ormai fino in Sardegna, Puglia, Calabria e Sicilia.
Il movimento italiano Rifiuti Zero non è più quello che si costituì nel 2004 ad Acerra. Non è fatto solo da Comitati ed associazioni. Esso è portato avanti in prima persona da Comuni e da Associazioni nazionali come ANPAS che non a caso stanno strutturandosi nell’associazione nazionale delle comunità verso Rifiuti Zero. Questo non vuol dire affatto che sia esaurito il ruolo “pionieristico” della Rete Nazionale Rifiuti Zero dal quale almeno largamente deriva la crescita del ruolo dello Zero Waste
in Italia e dei Comitati ed Associazioni locali dei cittadini il cui
ruolo rimane importantissimo. Vuol dire che bisogna però prendere atto
di una fase nuova enormemente più ricca in cui tante battaglie sono state vinte ed in cui parlare un linguaggio propositivo (senza per questo dismettere il sacrosanto esercizio del “conflitto”) diventa necessario per attrarre ulteriormente settori sociali, economici ed amministrativi.
Un ruolo determinante nell’aprire questa fase l’hanno esercitato il carattere internazionale di Rifiuti Zero che con il prof. PAUL CONNETT
chiamato frequentemente in Italia dall’ass. Ambiente e Futuro ha
portato quasi in tempo reale nelle situazioni locali più “sperdute” i messaggi globali derivanti
da nuove acquisizioni e “brucianti” informazioni legate a “vittorie”
e/o risultati raggiunti nelle più disparate parti del pianeta a cui le
battaglie italiane (grazie anche al ruolo di GAIA-Global Alliance for
Incinerators Alternatives e di ZWIA-Zero Waste Alliance) sono state
spessissimo connesse (basti pensare all’incontro internazionale di ZWIA
proprio a Napoli nel 2009).
La stessa pubblicazione del libro “Rifiuti Zero: una rivoluzione in corso” (Ed. Dissensi) sigilla e fotografa quanto fatto e quanto ancora da fare. Adesso, detto in termini sintetici, occorre puntare a coinvolgere la responsabilità estesa dei produttori. Occorre costringere le imprese a farsi sempre più carico della insostenibilità del monouso
e di molti loro prodotti (vedi l’esempio eclatante delle capsule del
caffè sollevato dal Centro di Ricerca Rifiuti Zero del comune di
Capannori) perché se le RD più la riparazione/riuso possono portare in
poco tempo a meno del 25% gli scarti residui da trattare (comunque senza
nessun trattamento termico compreso i cementifici e “camuffate”
centrali a biomasse) questi devono essere messi in carico a chi
li ha prodotti iniziando una riprogettazione delle merci immesse sul
mercato dei consumi.
E’ bello esser riusciti a spingere la palla fino qui…
Altri goal ci attendono. La Zero Waste Italy insieme a tutti coloro che
vogliono esser parte di questa “storia salita dalle comunità” lavora
per questo.
ZERO WASTE ITALY - Rossano Ercolini, Patrizia Lo Sciuto
al link: http://ambientefuturo.org/?p=1678
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