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Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
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CALENDARIO

martedì 1 aprile 2014

RIFIUTI O MATERIE PRIME?

Il nostro sarà un paese normale anche quando riusciremo a parlare di rifiuti senza scomodare il diavolo.

di Antonio Pergolizzi 
Lo slogan rifiuti-mafia-morte sovrasta ogni altra logica. È questo uno dei frutti avvelenati dell’aver lasciato per almeno quarant’ anni campo libero ad imprenditori improvvisati, mafiosi e intrallazzoni: sia per una colpevole disattenzione, che per una chiara scelta fatta a tavolino, ossia di non disturbare troppo la produzione con questioni di lana caprina. I puntuali disastri ambientali e sociali causati da questo sistema di deregulation hanno finito per inquinare anche il senso delle parole, l’idea stessa che possa esistere un modo diverso e sano di gestione degli scarti.  

Basti pensare che la prima legislazione italiana all’avanguardia, introdotta a rimorchio dell’Europa, è del 1997. Così i rifiuti sono diventati sinonimo di malaffare e di morte, ammantandosi di una mesta aurea diabolica. Ancora oggi il rifiuto è visto dai più esclusivamente come un problema, nient’altro. La componente valoriale degli scarti, l’altra faccia della medaglia, è rimasta offuscata dalla cronaca giudiziaria. Non sorprende che anche i trafficanti di rifiuti siano visti solo come coloro che seppelliscono veleni, e non anche come coloro che sottraggono valore al mercato legale. Un errore di valutazione grave.  

Il trafficante-tipo, oggi, piuttosto che al camorrista di Gomorra, assomiglia di più a un broker sul mercato internazionale delle materie prime, che conosce le quotazioni in borsa, il valore delle cose, e sposta container sui mari della globalizzazione: laddove c’è domanda da saziare, sia in termini di materia che di energia. È lui il nuovo soggetto criminale della monnezza, che sta rubando rapidamente la scena al trafficante classico, quello dello sbrigativo smaltimento illegale. Questo trafficante nuovo può essere o meno un mafioso, ma è senz’altro uno che sta attento alle dinamiche economiche e ne conosce i meccanismi.  

È lui l’artefice di una forma di economia criminale che drena ricchezza dai circuiti legali – scarti da trattare e recuperare – verso quelli illegali. Flussi illeciti e internazionali che seguono rotte ben stabilite. Per il recupero di materia, le rotte portano direttamente in quei paesi scelti da un pezzo sempre più significativo del mondo imprenditoriale – anche italiano – per la delocalizzazione della produzione, Cina e India su tutti: i flussi illeciti seguono quindi la scia della delocalizzazione. Nel secondo caso, recupero energia, verso quei paesi a caccia di combustibile per alimentare cementifici e altiforni a buon mercato, come i paesi del sud est asiatico o africani o est Europa.  

Per ciascuno di questi materiali trafficati esiste una borsa internazionale dove si quotano i prezzi, come per esempio nel caso dei materiali riciclati a base di polietilene: il Pet azzurro in scaglie vale anche 1.000 euro a tonnellata. L’allumino riciclato dalle lattine vale, altro esempio, circa 1.500 euro a tonnellata. Altro che seppellirli sotto terra. Il trafficante nuovo, quindi, tratta materiali dal valore economico e strategico enorme.  

Basta guardare dentro i container sequestrati nel 2012 nei porti italiani dalla nostra Agenzia delle dogane per farsi un’idea chiara: le 11.400 tonnellate di rifiuti finite sotto chiave erano costituite da Pfu (pneumatici fuori uso), rifiuti plastici, metallici, elettronici, cartacei, tessili. L’ultima inchiesta per traffico organizzato di rifiuti si è svolta a Modena (marzo 2014) e ha riguardato Tir carichi di queste tipologie di scarti, destinati in diversi paesi africani. Non a caso, dal nostro paese escono illegalmente rifiuti ed entrano manufatti, anche contraffatti, costruiti proprio con quei rifiuti dei viaggi di andata. Le mafie internazionali nell’era della globalizzazione sono tra i principali protagonisti di questo mescolamento di materie e monnezza, soldi e veleni.  

Oltre ai danni ambientali e sociali, il mercato nero dei rifiuti destinati a diventare materie prime colpisce quindi al cuore una parte significativa del nostro sistema economico, a cominciare da quello del riciclo. Settore doppiamente strategico per paesi, come il nostro, storicamente a corto di materie prime. Non a caso, l’Italia è diventata paese leader europeo nell’industria del riciclo. Come spiega Duccio Bianchi , nel 2010, secondo i dati Eurostat, a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili (la voce recyclables include metalli, carta, plastica, vetro, legno, tessili, gomma) su scala europea, in Italia ne sono state recuperate 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania ne sono state recuperate 22,4 milioni di tonnellate). In particolare, l’Italia è il leader europeo per il riciclo di metalli ferrosi, plastica, tessili”. La plastica riciclata in Italia sostituisce il petrolio proveniente dall’estero, ad esempio. Così come l’alluminio riciclato sostituisce quello importato dall’estero: non a caso, la nostra industria siderurgica si basa proprio sulla tecnologia dell’arco elettrico, ossia del recupero dei rottami metallici (recuperare materia in casa ha peraltro il beneficio di evitare l’importazione di rottami ferrosi contaminati radioattivamente). Ecco perché serve bloccare i traffici illeciti prima che sia troppo tardi. E senza smettere di dare la caccia ai vecchi trafficanti su scala locale, è con questa nuova genia che occorre fare i conti.  

* coordinatore Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente, ricercatore, giornalista e scrittore  

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Non capiamo come mai in Valdisieve non si riesce a vendere* il materiale raccolto in modo differenziato, sia con l' e-gate che con il pap, cosa che di solito (dove viene effettuata: vedi Capannori in primis) fa ricavare un pò di soldi che potrebbero andare ad impinguare le entrate per non aumentare la tassa sui rifiuti, mentre il mercato nero dei rifiuti ci riesce benissimo!

* che non fanno ricavi da questi materiali, ma anzi devono pagare per farli prendere dalle ditte, è una cosa che ci viene detta dagli amministratori e da AER.

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