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venerdì 15 giugno 2018

A Roma si erano accesi tutti gli allarmi ma nessuno ha voluto vedere - di Paolo Berdini


Evidentemente la capitale d’Italia non riesce a far tesoro degli scandali degli ultimi anni, quelli che hanno svelato una città dominata da un mondo affaristico-malavitoso capace di mettere la politica alle proprie dipendenze.
Era il 2 dicembre del 2014 quando prese il via l’inchiesta “mondo di mezzo” che azzerò la classe politica al governo della città. Imprese e cooperative colluse con la malavita per l’accaparramento di funzioni fino a pochi anni prima svolte egregiamente dalle amministrazioni pubbliche.
Il sistema degli appalti fu sottoposto ad una profonda verifica, anche grazie all’Anac di Cantone. E fu sempre in risposta alla domanda di trasparenza e onestà che nel giugno 2016 Roma affidò ai 5Stelle e a Virginia Raggi le chiavi del governo della città.
La nuova giunta si era dunque affermata per porre in essere una profonda discontinuità di metodo e di contenuti.
In quello stesso periodo, il governo delle città, la vera radice di tutti i mali italiani, non fu però sottoposto ad identica attenzione. Anzi.
Oggi i «piani casa» di ogni regione permettono di demolire e ricostruire immobili, anche in zone di pregio storico e ambientale, con notevoli incrementi di volumetrie. Le coste italiane, e perfino quartieri bellissimi come quello di corso Trieste a Roma, sono stati aggrediti dalla eterna speculazione immobiliare.
Alla camera dei deputati è stata fortunatamente bloccata una legge di cosiddetta rigenerazione urbana che avrebbe permesso alla proprietà fondiaria di intervenire ulteriormente senza alcuna regola.
Ma identica filosofia è contenuta nella recente legge urbanistica della regione Emilia Romagna, nella legge della rigenerazione urbana del Lazio e nella proposta di legge che l’attuale giunta regionale dell’Abruzzo vuole approvare ad ogni costo.
Si continua a pensare che solo la cancellazione del governo pubblico sia l’obiettivo da raggiungere.
A ROMA, I SEGNALI che sull’urbanistica si sarebbero dovuti accendere i fari dell’attenzione erano stati molto espliciti.
Il 16 dicembre 2016 viene arrestato Raffaele Marra, potente braccio destro del sindaco Raggi.
Narrano le cronache che nel suo appartamento furono trovate alcune pratiche urbanistiche che avrebbero dovuto essere ospitate nell’assessorato che dirigevo.
L’urbanistica mette in moto interessi così giganteschi che la trasparenza dà fastidio a chi ha il potere economico – fondiario ed è molto meglio lasciare tutto nell’ombra di oscure trattative.
In poco tempo, anche grazie al “commissariamento” della Raggi imposto da Di Maio attraverso due uomini di sua fiducia (i deputati -oggi ministri- Fraccaro e Bonafede), l’urbanistica romana è tornata nel porto delle nebbie e nella continuità con le precedenti amministrazioni comunali.
La vicenda dello Stadio della Roma sta tutta in questa forbice con l’esigenza di trasparenza e di moralità che la giunta Raggi aveva promesso ad una città che sperava in un cambiamento radicale.
La stessa Raggi, ad esempio, aveva condotto una limpida battaglia contro la decisione del sindaco Marino di costruire lo stadio a Tor di Valle, salvo poi cambiare punto di vista e annullare tutto il lavoro di recupero di trasparenza e legalità che, durante il mio impegno nella giunta capitolina, avevo impostato.
Del resto, nelle trattative oscure con la proprietà fondiaria non servono assessori competenti, servono mediatori e affaristi.
MA LA VICENDA STADIO non è la sola. Ad Ostia, sciolta per mafia, nonostante due anni e mezzo di commissariamento è stata approvata solo una bozza di piano degli arenili che lascia in mano al potente partito dei balneari il destino del litorale.
Del resto, le meritorie demolizioni degli abusi iniziate per merito dell’allora commissario al litorale, il magistrato Sabella, sono state abbandonate.
Il settore del commercio ambulante è stato riportato indietro rispetto alle politiche di Ignazio Marino.
La rete delle esperienze sociali che tengono viva la città, come la Casa internazionale delle Donne, sono ignorate e rischiano lo sgombero.
Sulla fame di case pubbliche non si è fatto nulla e continuano le dolorose occupazione da parte della città dei poveri.
Sull’area pubblica dei Mercati generali di Ostiense si vuole approvare un progetto che prevede il verde per gli abitanti di quel quartiere, del tutto privo di parchi, ubicato a venticinque chilometri di distanza.
Dalla svolta urbanistica siamo tornati agli orrori dell’urbanistica contrattata.
E’ sul tradimento delle speranze per una città migliore che doveva guardare ai bisogni delle periferie e non agli affari, che dovremmo portare la discussione.
E’ infatti indubbio che questo ennesimo grave colpo d’immagine della capitale potrà provocare disorientamento e ulteriore distacco dalla partecipazione politica.
Per riportare la capitale degli scandali urbanistici ad avere fiducia nel futuro è necessario un progetto di città che sappia mettere per sempre in soffitta affaristi e politica succube.
E’ solo con una profonda svolta etica verso la città intesa come bene comune che potremo ricostruire il futuro di Roma e delle nostre città.

* L’autore è ex assessore all’urbanistica della giunta Raggi

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