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lunedì 7 marzo 2016

Dissesto idrogeologico: lo zen e l’arte della manutenzione fluviale

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Già il secondo acquazzone dell’anno, dopo un periodo siccitoso che in Sicilia (e non solo) provoca ancora timori, ha creato una certa apprensione, mettendo in luce la fragilità idrogeologica di alcune zone del paese. Per fortuna, nulla di grave. E niente di nuovo, ancorché l’Italia ci conservi ben poche memorie alluvionali in questo periodo dell’anno. Dopo 155 di storia unitaria abbiamo imparato chenon c’è piano, né progetto, né farmaco miracoloso; e neppure lo slogan #italiasicura sarà la panacea che cambierà la sostanza della questione.
C’è una frase che la gente della mia età conserva nella propria memoria: “Le parole di consolazione vanno meglio per gli estranei, per gli ospiti, non per la tua gente. Non sono che cerotti emotivi”. Lo sforzo del ‘Facite Ammuina’ di borbonica memoria aiuta a incistare i problemi e illude nello stesso tempo di risolverli a breve, mentre i ‘tecnici della provvidenza’ improvvisano soluzioni semplici a problemi complessi, senza riflettere sulla debolezza delle nostre Terre e degli uomini che le abitano. E c’è una questione, da sempre sospesa e spesso discussa in modo dogmatico, che aleggia sulla questione idrogeologica italiana: la manutenzione fluviale.
Sansobbia-1998vs2014
Alcuni sostengono l’inutilità di questa pratica di origine olistica. Senza entrare nel merito, mostro due immagini del Savonese: lafoce del Sansobbia nel 1998 e la stessa foce nel 2014. Se qualcuno ritiene che la sezione del 2014 sia in grado di convogliare a mare la stessa portata di quella del 1998 è libero di crederlo. E credere che il rischio dello straripamento sia lo stesso, così come l’estensione di un allagamento, il relativo vincolo urbanistico e la vastità dell’area dove la protezione civile dovrebbe intervenire. Personalmente ne dubito, anche senza fare calcoli.
Non sempre la vegetazione e la sedimentazione, quando non sono consolidate, sono dannose. Il Tagliamento a valle della stretta di Pinzano si espande in un intreccio di canali dove nascono, crescono e muoiono le isole flottanti, disegnando un paesaggio di sconvolgente bellezza, un vero e proprio patrimonio dell’umanità. Nel caso di larghe golene fluviali la vegetazione ben gestita rallenta al corrente senza alzare troppo i livelli dell’acqua, con ovvio beneficio per gli abitati di valle.
Se uno usa l’auto, sa che rispettare i tagliandi è garanzia di buon funzionamento. Nel caso savonese, la risagomatura degli anni ’90 fu corredata da specifiche di manutenzione assai dettagliate e furono addirittura posti dei capisaldi per la periodica manutenzione. Così come richiederebbe da sempre la norma sui lavori pubblici, una buona norma spesso trattata in modo frettoloso.
La prima citazione è presa da ‘Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta’, un libro di Robert Maynard Pirsig (classe 1928) molto amato dalla mia generazione. Afferma anche che “la fretta è di per sé un atteggiamento velenoso da ventesimo secolo, che tradisce indifferenza e impazienza”. Siamo nel ventunesimo, ma la fretta è sempre la stessa.


Profilo blogger
Professore ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia, Politecnico di Milano

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/07/dissesto-idrogeologico-lo-zen-e-larte-della-manutenzione-fluviale/2524336/

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