VALORIZZARE DIFENDERE SALVAGUARDARE LA VAL DI SIEVE

L' Associazione Valdisieve persegue le finalità di tutelare l'ambiente, il paesaggio, la salute, i beni culturali, il corretto assetto urbanistico, la qualità della vita e la preservazione dei luoghi da ogni forma d'inquinamento, nell'ambito territoriale dei comuni della Valdisieve e limitrofi.

EVENTI 2

  • LABORATORIO RIUSO E RIPARAZIONE A LONDA 

Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
sono il mercoledì e il sabato pomeriggio.

CALENDARIO

lunedì 24 agosto 2015

Presidio a Roma contro gli inceneritori dello “Sblocca Italia”

Pubblichiamo vari materiali del Movimento Legge Rifiuti Zero  e Zero Waste Lazio, che aderisce a Carteinregola,  per spiegare le ragioni della nostra contrarietà allo Sblocca Italia anche per quanto riguarda il rilancio degli inceneritori. Invitiamo a sottoscrivere la petizione on line   e a partecipare al Presidio Nazionale  a Roma mercoledì 9 settembre dalle 10 alle 14 in Piazza di Montecitorio dalle ore 11,  in concomitanza la Conferenza Stato-Regioni in cui il ministro Galletti porterà una proposta di Decreto attuativo della legge 133/2014 (ex “SbloccaItalia”), dedicata espressamente a rilanciare la filiera degli inceneritori  in Italia, con la riclassificazione ed il potenziamento dei 42 inceneritori esistenti, l’avvio dei 6 impianti ancora in stand-by per vari motivi come quello di Malagrotta di Albano Laziale e di S.Vittore nel Lazio (ma anche quello di Massafra in Puglia, di Gioia Tauro  in Calabria, di Rufina in Toscana) e la previsione di 12 nuovi inceneritori in undici regioni diverse. Il tutto in barba alla normativa europea (Direttiva 98/2008/CE) ed italiana vigente (T.U. legge 152/2006 e smi), che  fissano un preciso ordine o gerarchia per i rifiuti, prevedendo per prima la fase della prevenzione, poi la fase della preparazione al riutilizzo, poi la fase del riciclaggio con recupero di materia e solo al penultimo posto anche quella con recupero di energia (con incenerimento), appena prima della fase residuale dello smaltimento (con incenerimento senza recupero di energia od in discarica). 
scarica il documento di Zero Waste Lazio Il Decreto-truffa Sblocca Italia  (anche in calce)
> Vai al testo completo del Decreto “Sblocca Italia”Sblocca_Italia”

Il testo dell’Appello

Sì chiede che LA REGIONE LAZIO e TUTTE LE ALTRE REGIONI NON APPROVINO lo schema di Decreto attuativo ai sensi dell’art. 35, comma 1, del D.L. n. 133/2014 detto “SBLOCCA ITALIA”
1 – La normativa europea (Direttiva 98/2008/CE) ed italiana vigente (T.U. legge 152/2006 e smi) fissano un preciso ordine o gerarchia per i rifiuti, prevedendo per prima la fase della prevenzione, poi la fase della preparazione al riutilizzo, poi la fase del riciclaggio con recupero di materia e solo al penultimo posto anche quella con recupero di energia (con incenerimento) appena prima della fase residuale dello smaltimento (con incenerimento senza recupero di energia od in discarica). La loro esistenza ha minato e mina i fondamenti della gerarchia nella gestione dei rifiuti che punta al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia in funzione della nuova strategia europea dell’ “Economia Circolare”;
2 – La normativa europea (Direttiva 98/2008/CE) ed italiana vigente (T.U. legge 152/2006 e smi) pongono una precisa tutela alla salute ed all’ambiente: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: a) senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna; b) senza causare inconvenienti da rumori od odori e c) senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse”.
3 – Gli inceneritori di rifiuti impattano pesantemente con l’ambiente a causa delle emissioni in atmosfera e la diffusione a centinaia di chilometri dal sito stesso di tonnellate di composti chimici nocivi come diossine – furani – metalli pesanti che causano patologie cancerogene e vari danni alla salute alle popolazioni circostanti come dimostrato da una ormai consolidata letteratura scientifica sia a livello nazionale che internazionale;
4 – Gli inceneritori di rifiuti sono impianti costosissimi posti a carico della collettività oltre ad essere energeticamente inefficienti, ma lucrosissimi per le grandi Multi-utility che gestiscono già oggi catene di impianti in Lombardia – Emilia Romagna – Piemonte – Toscana e per industriali da tempo interessati al “business” di questa industria “nociva e drogata” ancora da pesanti incentivazioni pubbliche;
5 – Gli inceneritori di rifiuti in funzione sono oggi composti da 85 linee su 42 impianti concentrati soprattutto in Lombardia – Emilia – Toscana, sono impianti classificati come smaltimento (D10) e come tali sono autorizzati a trattare i rifiuti prodotti e selezionati nel loro territorio regionale, salvo accordi particolari inter regionali o disposizioni eccezionali determinate da emergenze proclamate dal presidente del consiglio dei ministri;
6 – Il Decreto attuativo proposta dal governo punta alla generale riclassificazione da impianti di smaltimento (D10) a impianti di recupero energia (R1) ed il loro massimo potenziamento, con la “promozione” da industrie insalubri a “insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”, ed è assolutamente fuorviante dato che questo consentirà il conferimento di rifiuti da qualsiasi regione;
7 – Tale riclassificazione, oltre far decadere i principi di autosufficienza e prossimità (con la minima movimentazione dal luogo di produzione dei rifiuti stessi) e l’obbligo di smaltimento all’interno del territorio regionale, aumenterà pesantemente gli impatti e i rischi ambientali derivanti dal trasporto dei rifiuti verso e dagli stessi impianti di incenerimento – fase compresa nella gestione dei rifiuti – confermando la direzione opposta ai principi della Direttiva che mira a conseguire la minimizzazione degli effetti ambientali negativi derivanti dalla gestione dei rifiuti;
8 – Il Decreto attuativo proposta dal governo punta alla autorizzazione di altri dodici nuovi impianti di incenerimento di rifiuti, anche in Regioni che sono già “virtuose” sulla gestione dei rifiuti, oltre all’avvio della costruzione di altri nove impianti già oggetto di grandissima contestazione, come quelli di Malagrotta o di Albano Laziale nel Lazio o di Massafra in Puglia e di Gioia Tauro in Calabria;
9 – A fronte degli obiettivi dichiarati nel Decreto di “evitare il ricorso allo smaltimento in discarica”, è doveroso sottolineare che gli inceneritori di rifiuti non sono affatto alternativi alle discariche in quanto le ceneri e scorie di combustione e le ceneri volanti dei filtri debbono essere inviate a discariche di rifiuti speciali pericolosi per quantità variabili sino al 25% dei rifiuti totali inceneriti, a seconda della tecnologia usata. Pertanto la proposta di decreto include implicitamente l’apertura di nuove discariche per le ceneri generate dai futuri inceneritori, a differenza di quanto falsamente viene dichiarato nel decreto stesso;
10 – I siti individuati quali “insediamenti strategici di preminente interesse nazionale” per tali impianti verrebbero inoltre sottratti alle competenze regionali, con l’adozione possibile di misure di accesso speciali pari a quelle dei siti militari.
IL DOSSIER DEL MOVIMENTO LEGGE RIFIUTI ZERO: UN “DECRETO TRUFFA” PER ALIMENTARE LA LOBBY INCENERITORISTA
Il nucleo centrale di questo “decreto-truffa” è fondato su dati tecnici “intrepretati e manipolati” e false dichiarazioni sui veri obiettivi che risultano essere ben altri da quelli dichiarati. Ipotizzare di azzerare il conferimento in discarica attraverso nuovi inceneritori è falso tanto quanto il ritenere di poter scongiurare una possibile sanzione dalla UE, che con questo “decreto-truffa” riteniamo sia invece oggi prevedibile data la nuova strategia europea verso l’ “economia circolare”.
Partiamo dal presupposto della rilevazione della capacità impiantistica di incenerimento rilevata alla tabella A, quella potenziale alla tabella B e quella relativa alla tabella C del presunto ulteriore “fabbisogno nazionale” di incenerimento che si dichiarerebbe siano complessivamente a servizio del trattamento di rifiuti urbani ed assimilati.
Rispetto all’art. 3 del decreto ed alla tabella A intanto si rileva che l’iter di riclassificazione di parte dei 42 impianti di incenerimento esistenti da D10/ Smaltimento ad impianti R1/ Recupero di energia serve esclusivamente ad aggirare il principio di gerarchia di trattamento (T.U. Legge 152/2006 e smi art. 181) (1) ed i vincoli di legge di obbligo di conferimento nel bacino regionale in cui vengono prodotti. Vincoli che fanno capo ai principi europei di “autosufficienza” e di “prossimità” tuttora vigenti (Direttiva 98/2008/CE art. 16) recepita nel T.U. Legge 152/2006 e smi art. 182 bis (2).
In particolare l’art. 182 al comma 5 prescrive tuttora che E’ vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano”.
Tali 42 impianti effettuano il trattamento in 85 linee di incenerimento di cui viene prescritto l’utilizzo “al massimo carico termico autorizzato”, pur previsto dalle norme, ma che nella situazione attuale di vincolo di conferimento regionale risulta negli ultimi anni spesso non raggiunto, “per colpa” dell’avanzamento della raccolta differenziata e dei primi impianti di riciclo e compostaggio, che vengono di fatto boicottati dal decreto !!!
In ogni caso si computa la capacità impiantistica potenziata a circa 6 Milioni di tonnellate annueche corrisponde quindi già oggi ad un aumento delle capacità trattate da questi impianti, che si sottolinea sono per ora concentrati in forma massiccia in Lombardia (13), in Emilia Romagna (8) ed in Toscana (5) che insieme sommano il 62% del totale della capacità di incenerimento nazionale !!!!
Passando all’art. 4 ed agli impianti previsti dalla tabella B vengono inseriti 6 impianti molto contestati,impianti articolati su 9 linee di trattamento la cui costruzione è ferma da anni per indagini penali o ricorsi amministrativi o mancato collaudo che ne hanno pregiudicato il rilascio dell’AIA per avviare l’opera o l’esercizio (Malagrotta RM 2 – Albano laziale RM 2 – S.Vittore FR – Massafra TA – Gioia Tauro RC 2 – Rufina FI) per cui viene computata una capacità di circa 730 Mila tonnellate annue;
Ma è sull’art. 5 e le previsioni della tabella C che si vanno ad inserire stime infondate prese dagli Allegati I – II che vorrebbero giustificare la previsione di localizzare 12 nuovi inceneritori in undici regioni italiane diverse (Piemonte – Veneto – Liguria – Toscana – Umbria – Marche – Campania – Abruzzo – Calabria – Sicilia – Sardegna), andando a scavalcare direttamente i poteri costituzionali delegati alle Regioni in materia di previsione e gestione dei rifiuti (4)per un totale di ULTERIORI 2,5 Milioni di tonnellate annue.
Nell’allegato II si spiega come verrebbero calcolati i 2,5 Milioni di tonnellate annue:
La condizione g) assume un rendimento di produzione pari al 65% in modo del tutto arbitrario di FS e CSS prodotti dai TMB esistenti, impianti che di norma hanno un rendimento che oscilla dal 35% per gli attuali impianti al 45% per i nuovi impianti programmati di cui ancora non si dispone !!!! La differente valutazione di rendimento porta a calcolare almeno 500 mila tonnellate annue in meno, non proprio una inezia !!!!
La condizione e) conferma l’incenerimento del rifiuto urbano tal-quale nonostante sia in vigore dal 2013 la circolare del Ministero ambiente che obbliga al pre-trattamento. Anche questo è contestabile perchè si deve ordinare alle Regioni di pretrattare tutto il RSU prima di inviare agli attuali inceneritori. In questo modo si “crea spazio” nel parco macchine esistente e si riduce il fabbisogno residuo.
la condizione f) incenerisce il 10% di tutta la RD costituito dal Residuo Secco in modo del tutto arbitrarioin quanto questa frazione “differenziata” ma non riciclabile è già oggi materia prima in impianti di recupero di plastiche miste per la loro riutilizzazione industriale, impianti di cui si auspica l’estensione ed il finanziamento per il grande valore contenuto nel loro reimpiego !!!! Si tenga conto che inserire nel calcolo delle frazioni combustibili questa frazione aggiunge fittiziamente al “fabbisogno nazionale” circa 2 Milioni di tonnellate annue !!!
Quindi l’operazione “truffaldina” si esplicita in queste tre condizioni e), g) ed f), che ponendo valori arbitrari vanno a sommare circa 2,5 Milioni di tonnellate annue in più che costituiscono l’ipotetico ulteriore “fabbisogno nazionale” del governo !!!
In sintesi il governo con questo “decreto-truffa”, in cui si “aggiusta i conti” a suo modo ed aggira normative sia europee che italiane, vorrebbe in concreto portare complessivamente la capacità potenziale di incenerimento nazionale ad oltre 9 Milioni di tonnellate annue.
Ma si deve tenere conto che per alimentare questi impianti esistenti o previsti c’è la necessità di produrre un pari quantitativo di CSS da incenerire (che è la parte combustibile di carta/platica) nei cosiddetti impianti di Trattamento Meccanico Biologico TMB. Impianti TMB che oggi selezionano i rifiuti indifferenziati urbani ed assimilati per separare Frazione Secca “combustibile” pari a circa un terzo, da quella umida “marcescibile” da stabilizzare pari a circa un terzo e da quella dei sovvalli o scarti di lavorazione pari ad un ulteriore terzo. Occorre precisare che sia la frazione umida stabilizzata FOS che la frazione dei sovvalli o scarti debbono essere conferite per legge in discariche urbane, salvo l’utilizzo parziale della FOS in operazione di bonifica ambientale.
Ma per produrre 9 Milioni di tonnellate annue di CSS dagli attuali impianti di TMB occorre che tale quantitativo sia estratto da circa 27 milioni di rifiuti urbani od assimilati indifferenziati,
MA OCCORRE CONSIDERARE CHE LA PRODUZIONE ANNUA DI RIFIUTI URBANI TOTALI IN ITALIA DA RAPPORTO ISPRA E’ PARI A 29,5 Milioni di tonnellate annue.
SI ARRIVA QUINDI AL RISULTATO CHE PER PRODURRE 9 MILIONI DI TONN/ANNO DI CSS DA INCENERIRE OCCORREREBBERO OLTRE IL 90% DEI RIFIUTI ATTUALI COME “INDIFFERENZIATI”, CIRCOSTANZA CHE PARADOSSALMENTE DOVREBBE VEDERE L’ABBANDONO DI QUALSIASI OPERAZIONE DI DIFFERENZIAZIONE E DI RICICLAGGIO !!!!
OGGI DEI CIRCA 30 MILIONI DI TONNELLATE IN MEDIA DI RIFIUTI URBANI PRODOTTI CIRCA IL 60% SONO INDIFFERENZIATI (pari a 18 Milioni di tonnellate annue di cui circa 12 vanno in discarica e circa 6 vanno in incenerimento) MENTRE IL RESTANTE 40% VA A RICICLAGGIO (pari a 12 Milioni di tonnellate annue di cui circa 7 vanno a riciclaggio di frazione secca e circa 5 vanno a compostaggio di frazione umida);
Tenendo conto che l’ultimo dato certo di ISPRA 2014 – relativo all’anno 2013 – conteggia i rifiuti urbani prodotti in Italia ammontanti a circa 29,5 Milioni di tonnellate,
grafico zero waste 1
In particolare lo stesso rapporto ISPRA 2014 dettaglia la attuale destinazione dei circa 30 Milioni di tonnellate annue di rifiuti urbani ed assimilati distinguendoli sulla base della produzione di 505 Kg/abitante in quantità avviate a discarica – incenerimento – riciclo – compostaggio in cui si conferma per l’incenerimento il dato ponderale
grafico zero waste 2E veniamo all’assunto ingannevole della condizione g) ed al grafico 3.18 con cui nel Decreto si vorrebbe dimostrare che l’efficienza di trattamento degli impianti di TMB per la produzione di FS o CSS da incenerire “sarebbe pari al 58% aumentabile sino al 65%”:
grafico zero waste 3grafico zero waste 4
Peccato che non venga riportato il contenuto esplicativo che precede il grafico 3.18, che sostanzialmente dice che quelle percentuali non sono affatto indicative di frazioni omogenee FS o CSS, data l’inaffidabilità dei codici con cui vengono identificate le frazioni in uscita dagli impianti TMB – codice CER 19.12.12 in cui una grossa percentuale è composta da Scarti/Sovvalli con poco o nullo potere combustibile e quindi è del tutto arbitrario che il decreto ipotizzi che anche le frazioni oggi avviate a discarica fossero invece “valorizzabili negli inceneritori”:
“Prima di esaminare i rifiuti prodotti dagli impianti TMB, occorre premettere che nell’analizzare i dati si ha difficoltà nel distinguere la tipologia dei rifiuti classificati con il codice CER 191212 poiché esso individua sia la frazione umida che la frazione secca proveniente dal trattamento meccanico. Inoltre, frequentemente, lo stesso codice viene utilizzato anche per identificare gli scarti del trattamento. Pertanto, solo dove i gestori degli impianti hanno fornito dati di dettaglio, attraverso la compilazione di un apposito questionario predisposto da ISPRA, è stato possibile distinguere le diverse frazioni merceologiche derivanti dal trattamento, identificate con il codice CER 191212. Laddove si è dovuto, invece, utilizzare unicamente i dati della dichiarazione MUD, non è stato possibile identificare le diverse frazioni di rifiuti in uscita dagli impianti e si è pertanto classificato il rifiuto in maniera generica come “rifiuto proveniente dal trattamento meccanico dei rifiuti”. I rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento meccanico biologico (Figura 3.18) risultano complessivamente, pari a oltre 7,1 milioni di tonnellate.”
Infatti nel punto successivo 3.19 le stesse frazioni combustibili derivate da TMB ed avviate ad incenerimento vengono quantificate in modo del tutto diverso
Il Rapporto ISPRA – capitolo 3 – pag. 109 CONFERMA infatti che solo il 32,2% dei rifiuti trattati nei TMB viene incenerito, mentre il 53,1% viene smaltito in discarica. La strada per ridurre l’uso delle discariche però non è l’aumento della quota di incenerimento ma la riconversione degli impianti TMB a “recupero di materia”.
grafico zero waste 5
“La figura 3.19 riporta le destinazioni finali dei rifiuti prodotti dal trattamento meccanico biologico nell’anno 2013. L’analisi dei dati mostra che il 53,1% del totale dei rifiuti prodotti, corrispondente a circa 3,8 milioni di tonnellate di rifiuti, viene smaltito in discarica.
Si tratta, essenzialmente, di frazione secca, bio-stabilizzato, frazione organica non compostata e rifiuti misti da selezione e trito vagliatura. Il 24,2%, 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti, destinato ad impianti di incenerimento, è costituito, principalmente, da frazione secca, CSS e rifiuti misti. L’8% dei rifiuti prodotti, corrispondente a circa 574 mila tonnellate, è destinato ad operazioni di recupero di energia in impianti produttivi ed è composto da CSS e frazione secca”, pari quindi ad una efficienza totale del 32,2% cioè un terzo circa del RSU in ingresso …. Altro che 65% !!!!!
Ulteriore conseguenza diretta è che se anche si arrivasse a produrre 9 Milioni di tonnellate di CSS, gli altri 18 Milioni di tonnellate di FOS + Sovvalli andrebbero in discariche urbane, oltre a circa il 25% delle ceneri da incenerimento pari ad oltre 2 Milioni di tonnellate annue che invece dovrebbero andare in specifiche discariche speciali per rifiuti pericolosi di cui non si dispone oggi.
Tutto questo contraddice quanto falsamente viene affermato nelle premesse del citato Decreto stesso:
grafico zero waste 6
CONCLUSIONE FINALE: l’incremento proposto di impianti di incenerimento E’ DEL TUTTO INGIUSTIFICATO sulla base della capacità produttiva degli impianti TMB, E’ INCOMPATIBILE con la normativa in vigore di una corretta gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, E’ FALSO che la capacità di incenerimento addizionale sia motivata dall’evitare sanzioni dalla UE in rapporto al mancato trattamento dei RIFIUTI URBANI ED ASSIMILATI visto che di fatto questa previsione avrebbe necessità di OLTRE IL 90% DEI RIFIUTI URBANI PRODOTTI.
Mentre se anche si prendesse per buono quanto dichiarato nel Decreto alla condizione c) in merito al perseguimento dell’obiettivo 65% di Raccolta Differenziata gia previsti dall’art. 205 del T.U. 152/2006 al 31/12/2012, risulta del tutto FALSO QUANTO DICHIARATO NEL DECRETO STESSO,
grafico zero waste 7
Appare evidente facendo un semplice conteggio di massima che nel momento in cui fosse raggiunto l’obiettivo 65% di Raccolta Differenziata e si obbligasse le Regioni a trattare tutto il Rifiuto Indifferenziato eliminando l’incenerimento del “tal-quale”, resterebbe a disposizione per la produzione di CSS solamente il 35% dei 29,5 Milioni di tonnellate annue, pari a poco più di 10 Milioni di tonnellate annue di Rifiuti Indifferenziati da cui estrarre circa 3,3 Milioni di tonnellate annue di CSS ….. altro che i 9 MILIONI previsti !!!!!
Ma dato che i Rifiuti urbani ed assimilati INDIFFERENZIATI sono destinati a diminuire in conseguenza dell’avanzata della Differenziazione, e che sono circa un quarto rispetto ai Rifiuti Speciali (industriali – agricoli – artigianali – commerciali – terziario) tale presunto “fabbisogno nazionale” implicitamente si può ipotizzare che i circa 2,5 Milioni di Tonnellate annue AGGIUNTIVE FORSE serviranno ad incenerire il CSS prodotto dai RIFIUTI SPECIALI di Filiere imprenditoriali, operazioni che per legge sono a carico del produttore sia in caso di recupero (5) che in caso di smaltimento (3), e che ne deve sostenere il costo del recupero e dello smaltimento finale.  
Questo ci porta a considerare che si starebbero di fatto implementando politiche e strategie pubbliche a servizio di interessi di produttori e filiere industriali che non fanno capo al servizio pubblico, oltretutto con impianti di incenerimento dichiarati come “INSEDIAMENTI STRATEGICI DI PREMINENTE INTERESSE NAZIONALE” sottratti al controllo delle Regioni in cui sono ubicati, finanziati attraverso i meccanismi di incentivazione pubblica gravanti sulle bollette elettriche e mettendo a carico della Comunità un onere che sinora è a carico (5) dei SOGGETTI PRIVATI PRODUTTORI DI RIFIUTI SPECIALI !!!!!!!
Roma 18 agosto 2015                                                       Il presidente
zerowastelazio@gmail.com                                             Massimo Piras

Note tratte dalla legge vigente (T.U. legge 152/2006 e smi)
  1. 181 – (Recupero dei rifiuti)
  1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le pubbliche amministrazioni favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
  2. a) il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio;
  3. b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima secondaria dai rifiuti;
  4. c) l’adozione di misure economiche e la previsione di condizioni di appalto che prescrivano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato di tali materiali;
  1. d) l’utilizzazione dei rifiuti come mezzo per produrre energia.
  1. 182 bis – (Principi di autosufficienza e prossimità)
  2. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
  3. a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
  4. b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;”
  1. 188 - (Oneri dei produttori e dei detentori)
  2. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonchè dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti.
  3. Il produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorita':
  4. a) autosmaltimento dei rifiuti;
  5. b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;
  6. c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione;
  1. d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate;
  1. e)   esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall’articolo 194.
  1. 200 – (organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani)
  2. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o),
  3.  ART. 221 – ( Obblighi dei produttori e degli utilizzatori)
  4. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.
  5. Nell’ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all’articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall’accordo di programma di cui all’articolo 224, comma 5, adempiono all’obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l’attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell’articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.
  6. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:
  7. a) organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale;
    (lettera così modificata dall’art. 26, comma 1, lettera a), numero 1), legge n. 27 del 2012)
    b) aderire ad uno dei consorzi di cui all’
    articolo 223;
    c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.
  8. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera e).
    (comma così modificato dall’art. 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)
  9. I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all’articolo 223, devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro novanta giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell’articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso sarà, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo fino a tale momento l’obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all’articolo 224, comma 3, lettera h). Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all’articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’osservatorio, acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dal Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’osservatorio sarà tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. Alle domande disciplinate dal presente comma si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi del presente articolo, le attività di cui al comma 3 lettere a) e c) possono essere intraprese decorsi novanta giorni dallo scadere del termine per l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare come indicato nella presente norma.
    (comma così modificato dall’art. 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall’art. 5, comma 2-ter, legge n. 13 del 2009, poi dall’art. 26, comma 1, lettera a), numero 2), legge n. 27 del 2012)
  10. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l’elaborazione del programma generale di cui all’articolo 225.
  11. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all’Autorità prevista dall’articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all’articolo 225.
  12. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all’Autorità prevista dall’articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all’anno solare precedente, comprensiva dell’indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.
  13. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall’Autorità, previo avviso all’interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l’obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall’articolo 224. I provvedimenti dell’Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L’adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall’articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall’articolo 261.
  14. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori:
    (comma così modificato dall’art. 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)
  15. a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari;
    b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;
    c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati;
    d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
    e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.
  16. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.
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