Troppe bocciature sull’impatto ambientale: Enac e Save ritirano il progetto da 130 milioni che avrebbe raddoppiato i volidi Alessandro Zago
L’Enac
ha ritirato il progetto di ampliamento dell’aeroporto Canova di Treviso
ideato da Save: addio al costosissimo master plan, 130 milioni di euro
per 19 anni di lavori. Ha ritirato un progetto che avrebbe fatto colare
una montagna di cemento su San Giuseppe, e che avrebbe portato lo scalo
trevigiano dagli attuali 2 milioni e 300 mila passeggeri all’anno (così è
previsto che chiuda il 2015) a ben 4 milioni e mezzo di passeggeri,
raddoppiando quindi gli attuali voli (e triplicando gli spazi
commerciali e direzionali), già troppi secondo il comitato che si batte
contro l’ampliamento. E che oggi canta vittoria, dicendo: «Rimane così
in piedi il divieto di superamento dei voli annui del 2007, pari a
16.300 voli». Mentre con il master plan alla fine sarebbero stati
23.500, ma la prima ipotesi parlava addirittura di 29 mila voli...
Ma
incassa una vittoria personale anche la commissione tecnica di
valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, la Ctvia,
che per ben tre volte ha bocciato il master plan perché avrebbe creato
appunto un aeroporto troppo rumoroso e troppo grande in un contesto già
altamente urbanizzato: nel novembre 2013, nel marzo 2014 e nell’agosto
del 2014. L’ente nazionale dell’aviazione civile, l’Enac, ha comunicato
il clamoroso passo indietro allo stesso ministero dell’Ambiente lo
scorso due luglio; che poi non è altro che il passo indietro appunto di
Save, la società veneziana presieduta da Enrico Marchi, che è a capo
dell’aeroporto di Venezia Marco Polo ma anche padrona del Canova, anche
se è gestito dalla trevigiana AerTre: Marchi e Save hanno capito che
anche le integrazioni al progetto del master plan apportate dopo le tre
bocciature, più il successivo avvio da parte dell’Ispra - l’agenzia
braccio operativo del ministero dell’Ambiente - di una valutazione del
possibile danno ambientale del progetto, avrebbero portato solo a un
altro parere negativo. Tanto valeva, quindi, ritirare il master plan,
per rifarlo da zero. Significherà come minimo perdere altri due anni per
un progetto che doveva partire nel 2011, e comunque produrre un nuovo
master plan con volumi molto ridimensionati rispetto alle intenzioni.
Sempre che questo inaspettato passo indietro non significhi altro: che
Save e Marchi non vogliono più investire risorse sullo scalo di Treviso
il quale, così com’è, è più che sufficiente per i voli low cost di
Ryanair & Co. E che preferiscono piuttosto investire sempre più su
Verona. Oppure: si farà un ampliamento di minima, legato soprattutto a
parcheggi e viabilità, e poi magari Save metterà in vendita il Canova...
Save
aveva comunque a che fare anche con la bocciatura della Regione legata
alla tempistica, poiché i lavori dovevano partire nel 2011 per finire
nel 2030 e così non è stato; ma anche con la nuova amministrazione
comunale del sindaco Manildo, che lo scorso anno è stato chiaro:
«Condivido la presa di posizione della commissione Via», disse Manildo,
«Prima di dare il via al master plan del Canova ci sono altri interventi
da fare, come il miglioramento dell’attuale viabilità e delle misure di
sicurezza dello scalo. È comunque assurdo pensare che l’aeroporto di
Treviso, in 19 anni, possa arrivare ai 29 mila voli all’anno previsti ad
ampliamento completato. Sono troppi». E subito dopo Manildo nominò
Maurizio Tira, ingegnere e docente universitario, consulente del Comune
sull’aeroporto Canova per studiare e approfondire la questione della
sostenibilità ambientale del Canova, al fine di redigere una serie di
osservazioni al masterplan del nuovo Canova, da girare al ministero
dell’Ambiente.
E
pensare che nel 2013 l’ex ministro dell'Economia Grilli diede il via
libera alla tanto attesa concessione quarantennale a Save per la
gestione appunto dell’aeroporto di Treviso: sulla carta pareva sdoganare
anche il master plan...
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