L’Enciclica di Bergoglio, sull’ambiente, è appena uscita, ma
sta avendo un grande e secondo me meritato successo. Notevole è la distanza
rispetto a chi ci governa in Toscana e rispetto all’ala conservatrice della
chiesa. Tante sono le letture che si possono dare, quasi tutte condivisibili
anche dal mondo ambientalista, che può trovare in Bergoglio un insperato
compagno di lotte. Vi si legge la preoccupazione per la crisi ambientale e per
i poveri, gli scartati dalla società della finanza, delle banche e della
tecnocrazia (vedi la cultura dello
scarto) su cui impattano principalmente gli effetti dell’inquinamento outdoor ed indoor, del riscaldamento globale, della cattiva
qualità dell’acqua, che vogliono pure privatizzare, della mancata governance
degli oceani, della perdita della biodiversità, della deforestazione,
dell’esaurimento delle risorse naturali, della disumanizzazione delle città, etc.
“Di
fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in
modo speciale i più deboli del pianeta: « Tanto l’esperienza comune della vita
ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di
tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera ». “ Accanto
a queste tragedie sociali ed ambientali, fra loro interconnesse, nell’indifferenza
ormai globalizzata, stante ‘ la grave
responsabilità della politica internazionale e locale’ c’è l’esigenza di un
altro modello di sviluppo, improntato alla sobrietà ed umiltà. C’è l’ assoluta necessità
‘ di cambiamenti di stili di vita, di
produzione e di consumo’, di mettere in atto l’economia circolare, di sviluppare fonti di energia rinnovabile. A livello
mondiale è cresciuta la sensibilità ecologica delle popolazioni, l’ecologia
umana, i movimenti e le associazioni che propongono buone pratiche, la difesa
dei beni comuni e la decrescita. ‘L’istanza
locale’ e la pressione delle popolazioni, sulla politica succube
dell’economia e della finanza, possono fare la differenza e spingere verso una
cultura della cura.
Qui di seguito ho scelto alcune frasi di Laudato sì ‘, contestualizzandole
al territorio fiorentino, in particolare
mi riferisco alle folli decisioni previste per la Piana FI, PO,PT. Si può facilmente evincere come lo spirito di
questa enciclica sia completamente estraneo a quei miopi decisori politici. Auspico che l’attenta
lettura di questa enciclica possa far cambiare la rotta a qualche politico
coraggioso.
“D’altra parte, l’azione
politica locale può orientarsi alla modifica dei consumi, allo sviluppo di
un’economia dei rifiuti e del riciclaggio, alla protezione di determinate
specie e alla programmazione di un’agricoltura diversificata con la rotazione
delle colture.”
Altro che modifica dei consumi, altro che sviluppo di
economia del riuso e del riciclo, altro che protezione di determinate specie
animali, altro che agricoltura diversificata! Qui si vuol potenziare
l’aeroporto, per incentivare il turismo mordi e fuggi, i rifiuti si vogliono
bruciare nell’inceneritore di Firenze, si irride a che si preoccupa del rospo
smeraldino cioè a chi difende la biodiversità e si sostiene il parco agricolo
della piana, che di diversificato avrà solo gli inquinanti del suolo.
“Negli ultimi decenni
le questioni ambientali hanno dato origine a un ampio dibattito pubblico, che
ha fatto crescere nella società civile spazi di notevole impegno e di generosa
dedizione. La politica e l’industria
rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sfide mondiali.”
La politica toscana è ancora ferma all’era degli inceneritori, agli insostenibili
potenziamenti di aeroporti, al sotto attraversamento di Firenze, altro che
lentezza ! Però sono nati dal basso tanti movimenti e associazioni che hanno
portato una nuova cultura ecologica, (uno fra i tanti Rifiuti Zero a
Capannori), che hanno dato inizio all’era della responsabilità ambientale e ad alla
messa in discussione della alienante società consumista.
“L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari
comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per
l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il
consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente
si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il
trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone,
piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via. Tutto ciò fa parte di
una creatività generosa e dignitosa, che
mostra il meglio dell’essere umano. Riutilizzare qualcosa invece di
disfarsene rapidamente, partendo da
motivazioni profonde, può essere un atto di amore che esprime la nostra
dignità.”
“….in
seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che
intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano.
Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un
monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare,
migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o
si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera
dall’indifferenza consumistica. “
In quest’ultima frase Bergoglio insiste sull’importanza
della cooperazione fra le persone, tanti sono gli esempi che si possono fare,
uno su tutti è l’ esperienza di agricoltura dal basso di Mondeggi Bene Comune, Fattoria senza padroni. Nella
frase qui sotto si sposta l’accento sull’importanza dell’assenso degli abitanti
del luogo. Non basta trincerarsi dietro i consensi elettorali, come fa anche il
Sindaco di Firenze Nardella per eludere il confronto con le migliaia di
cittadini che sono scesi in piazza l’11 aprile e l’11 giugno a manifestare
contro l’inceneritore di Firenze.
“È sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che
possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel
dibattito devono avere un posto
privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che
vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le
finalità che trascendono l’interesse economico immediato. Bisogna abbandonare l’idea di “interventi” sull’ambiente, per dar
luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate. La
partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi
aspetti e sui vari rischi e possibilità, e non si riduce alla decisione
iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante.
C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche,
senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione.”
Nel successivo
paragrafo si parla dei rischi per l’ambiente legati alle emissioni, alle scorie,
al mutamento del paesaggio e addirittura si suggerisce il Principio di
Precauzione, tante volte da noi ambientalisti invano invocato, di fronte alle
grandi opere impattanti sulla salute delle popolazioni .
“Quando compaiono
eventuali rischi per l’ambiente che interessano il bene comune presente e
futuro, questa situazione richiede « che
le decisioni siano basate su un confronto tra rischi e benefici ipotizzabili
per ogni possibile scelta alternativa »Questo vale soprattutto se un
progetto può causare un incremento nello sfruttamento delle risorse naturali,
nelle emissioni e nelle scorie, nella produzione di rifiuti, oppure un
mutamento significativo nel paesaggio, nell’habitat di specie protette o in uno
spazio pubblico.”
“Nella Dichiarazione
di Rio del 1992, si sostiene che « laddove vi sono minacce di danni gravi o
irreversibili, la mancanza di piene certezze scientifiche non potrà costituire
un motivo per ritardare l’adozione di misure efficaci » che impediscano il
degrado dell’ambiente. Questo principio
di precauzione permette la protezione dei più deboli, che dispongono di
pochi mezzi per difendersi e per procurare prove irrefutabili. Se
l’informazione oggettiva porta a prevedere un danno grave e irreversibile, anche se non ci fosse una dimostrazione
indiscutibile, qualunque progetto dovrebbe essere fermato o modificato. In
questo modo si inverte l’onere della prova, dato che in questi casi bisogna
procurare una dimostrazione oggettiva e decisiva che l’attività proposta non
vada a procurare danni gravi all’ambiente o a quanti lo abitano.”
In queste ultime righe ci si riferisce all’ antropocene, ai danni
provocati dall’inquinamento quotidiano in cui tutti siamo avvolti e della
necessità stringente di ridurlo, senza immettere altri cancerogeni nell’aria, nei
cibi, nell’acqua. La risposta dei
politici è l’inceneritore, l’aumento del traffico aereo, il
sottoattraversamento, …tutti frutti avvelenati della tecnologia legata alla
finanza.
“Esistono forme di inquinamento che colpiscono quotidianamente le
persone.
L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro
di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di
morti premature. Ci si ammala, per esempio, a causa di inalazioni di elevate
quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o per
riscaldarsi. A questo si aggiunge l’inquinamento che colpisce tutti, causato
dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che
contribuiscono all’acidificazione del suolo
e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi,
fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale. La tecnologia che, legata alla finanza,
pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di
vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per
questo a volte risolve un problema creandone altri.”
Il Pianeta è diventato ormai un deposito di immondizia, ma
la soluzione non sono gli inceneritori, che aumentano l’inquinamento con le
emissioni, con le scorie, con le ceneri, coi fanghi da depurare, ma le buone
pratiche, come la Strategia Rifiuti Zero.
“C’è da considerare
anche l’inquinamento prodotto dai rifiuti, compresi quelli pericolosi presenti
in diversi ambienti. Si producono centinaia di milioni di tonnellate di rifiuti
l’anno, molti dei quali non biodegradabili: rifiuti domestici e commerciali,
detriti di demolizioni, rifiuti clinici, elettronici o industriali, rifiuti
altamente tossici e radioattivi. La
terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di
immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con
nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura. “
In quest’ultima frase si denuncia, con molto rigore
scientifico, che gli inquinanti spesso sono persistenti e quindi si accumulano nell’aria, nei cibi, nei suoli,
nell’acqua, nei corpi umani e sono tossici anche
a basse dosi, cioè anche se ricadono entro i limiti di legge, sono comunque
epigenotossici e gli effetti negativi impatteranno oltre che sulle popolazioni
attuali anche sulle future generazioni. Questo è un passo molto importante che
si cerca sempre di nascondere. E molte volte si aspetta di ‘contare i morti’(
vedi ad esempio gli studi epidemiologici che vanno sempre ripetuti) prima di prendere delle adeguate misure.
“Tanto i rifiuti
industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi,
possono produrre un effetto di bio-accumulazione
negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando
il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte
volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per
la salute delle persone.”
E le generazioni future ? E’ questa la solidarietà
transgenerazionale?
“La nozione di bene
comune coinvolge anche le generazioni future. Le crisi economiche
internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé
il disconoscimento di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi
coloro che verranno dopo di noi. Ormai
non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le
generazioni. Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta
alle future generazioni, entriamo in un’altra logica, quella del dono
gratuito che riceviamo e comunichiamo.
Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un
criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale.
Non stiamo parlando di un atteggiamento opzionale, bensì di una questione
essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto
appartiene anche a coloro che verranno. “
commento elaborato da Gian Luca Garetti di Medicina Democratica Firenze
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