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Le attività e aperture del Laboratorio di Riparazione e Riuso di Londa 
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CALENDARIO

martedì 11 novembre 2014

Carrara tra paura e rabbia

di Marco Rovelli, il manifesto 10.11.2014

Alluvione . Scuole chiuse e evacuazioni. I cittadini in assemblea nella sala occupata del comune

C’era allarme per una nuova allu­vione, a Car­rara, dopo lo choc di mer­co­ledì scorso, la terza grande allu­vione in 11 anni. Scuole chiuse per l’allerta meteo, paura dif­fusa, ordine di eva­cua­zione in alcune zone di Marina di Car­rara per chi abita al primo piano e negli inter­rati, cen­tro di acco­glienza pre­di­spo­sto alla Fiera Marmi Mac­chine. Per for­tuna sta­volta non si è ripe­tuto il peg­gio, il tor­rente Car­rione non ha eson­dato di nuovo. Ma la rab­bia sol­le­vata dall’inondazione non si è esau­rita. Da sabato scorso molti cit­ta­dini di Car­rara hanno occu­pato la sala di rap­pre­sen­tanza del Comune, decisi a non smo­bi­li­tare fin­ché il sin­daco Zub­bani, socia­li­sta, e la sua giunta di cen­tro­si­ni­stra, non si pren­de­ranno la pro­prie respon­sa­bi­lità. E la sola forma pos­si­bile di rico­no­scere quelle respon­sa­bi­lità sono le dimissioni.
Di fronte a due­mila per­sone che gri­da­vano la pro­pria rab­bia, sabato il sin­daco ha saputo dire solo che lui e la sua giunta non si sen­tono respon­sa­bili per l’alluvione. Per­ché la costru­zione dell’argine crol­lato, e la sua manu­ten­zione, spet­ta­vano alla Pro­vin­cia, alla quale il Comune aveva segna­lato i pro­blemi dell’argine. Ma que­sta posi­zione pila­te­sca è suo­nata come una beffa a chi non ne può più di un ter­ri­to­rio deva­stato da molti, troppi punti di vista (senza con­si­de­rare che non solo secondo il buon senso ma anche secondo la legge il sin­daco è tenuto a inter­ve­nire in caso di emer­genze per pre­ser­vare l’integrità del territorio).

Per rico­struirlo, que­sto ter­ri­to­rio, e pren­dersi cura del bene comune, si è costi­tuita così un’Assemblea Per­ma­nente — nome che richiama, magari inav­ver­ti­ta­mente, quello di una delle più impor­tanti forme di mobi­li­ta­zione popo­lare della terra apuana negli scorsi decenni, quell’Assemblea Per­ma­nente dei cit­ta­dini con­tro la Far­mo­plant e il polo chi­mico, che negli anni ottanta evi­den­ziò in maniera dram­ma­tica il con­flitto tra ambiente e lavoro — ma più pre­ci­sa­mente: tra ambiente e capi­tale. Ora, que­sto con­flitto torna in maniera viru­lenta, per­ché ormai è chiaro a tutti che par­lare di straor­di­nari eventi atmo­sfe­rici è solo un modo per occul­tare le que­stioni strut­tu­rali. A par­tire dalla deva­sta­zione che gli indu­striali del marmo hanno fatto del ter­ri­to­rio: solo pochi giorni fa, il geo­logo Chessa ha ricor­dato ancora una volta in un con­ve­gno come come que­sti disa­stri fos­sero evi­ta­bili, e come lo stesso argine era inu­tile senza con­te­stuali rilo­ca­liz­za­zioni delle seghe­rie e ripri­stino delle aree di eson­da­zione: invece un’ansa del fiume è stata tra­sfor­mata in piaz­zale di una seghe­ria, e sono state pure pre­vi­ste nuove costru­zioni. E, cosa ancora più impor­tante, ha ricor­dato come siano i detriti dell’estrazione del marmo a inta­sare il tor­rente. Ma gli inte­ressi dei padroni del marmo non si toccano.
Ecco, di que­ste tema­ti­che che per lungo tempo da que­ste parti sono state patri­mo­nio solo degli ambien­ta­li­sti, pare che la presa di coscienza tra la cit­ta­di­nanza sia, final­mente, sem­pre più dif­fusa: l’intervento del rap­pre­sen­tante di Sal­viamo le Apuane, che ricorda come gli ambien­ta­li­sti da anni affer­mano che la deva­sta­zione delle mon­ta­gne è respon­sa­bile degli eventi, e pro­pone di orga­niz­zare insieme un incon­tro su que­sti temi nella sala del Comune, viene accolto da un lungo applauso. L’assemblea, allora, si pro­pone di andare a esa­mi­nare tutte le varie «cri­ti­cità», come dice qual­cuno, del ter­ri­to­rio. Un gruppo lavora a un dos­sier che affermi le nume­rose irre­go­la­rità nella gestione del ter­ri­to­rio, evi­den­zian­done le respon­sa­bi­lità poli­ti­che. E si chiede la messa in opera di un piano di sicu­rezza del ter­ri­to­rio. Agli indu­striali del marmo viene chie­sto un con­tri­buto spe­ciale, in quanto si arric­chi­scono «col nostro marmo». E qui, un altro lungo applauso: la que­stione del marmo come bene comune comin­cia a diven­tare coscienza diffusa.
Nell’assemblea è pal­pa­bile un’allergia alla «poli­tica», dove il ter­mine poli­tica è asso­ciato imme­dia­ta­mente alla «par­ti­to­cra­zia» delle isti­tu­zioni. I par­titi e i gruppi poli­tici, qui, non sono ammessi. Ma, poi­ché dall’assemblea non si esi­gono trat­tati di filo­so­fia poli­tica, resta il fatto che qui, nella sala occu­pata del Comune, si sta pro­vando final­mente a fare della buona poli­tica, pren­den­dosi cura del bene comune invece che dei vari gruppi d’interesse e poten­tati eco­no­mici che hanno spa­dro­neg­giato per troppo tempo. E che qui ci si occupa del bene comune è chiaro a tutti, non essen­dosi mai vista nella sala del Comune così tanta gente alle assem­blee. Tanto è vero che un por­ta­voce dell’assemblea, applau­dito da tutti, parla di que­sta espe­rienza come scin­tilla per altre realtà. E, a chi ha a cuore le con­ti­nuità sto­ri­che, non pos­sono non venire alla mente le spe­ranze dei moti anar­chici del 1894, di essere una «scin­tilla» che da Car­rara avrebbe inne­scato un pro­cesso rivo­lu­zio­na­rio in tutto il paese.

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